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La “Loggetta”: ipotesi per una storia edilizia, di Massimo Trevisan

La “Loggetta” è un edificio molto noto e caro ai monselicensi, divenuto col tempo una delle icone che identificano la città. E tuttavia, tanto scontata ne è l’immagine, la forma, quanto ancora poco chiarita ne è la storia edilizia. Parlando di “Loggetta” ci riferiamo naturalmente al manufatto che ospita sotto le volte a crociera, rette da colonne ioniche, le scale di accesso al primo e secondo piano della costruzione cui è addossato, che il Carturan indica col nome di “edificio ogivale” per via della sequenza di aperture ad arco acuto del piano terra (attuale ufficio turistico). La storia dei due manufatti si intreccia e coinvolge pure la storia del Monte di Pietà di Monselice che in alcuni locali del palazzo ogivale ebbe i suoi uffici.

Massimo Trevisan ne ricostruisce la storia

Secondo Massimo Trevisan il palazzo ogivale (Loggetta) non è una nuova costruzione, ma è stato realizzato sfruttando tratti di mura che formavano una cortina a protezione dell’ abitato al piano, dismessa dopo la realizzazione della nuova cinta carrarese (verso il 1350). Non escludo neppure che quando fu eseguita la ristrutturazione non si siano utilizzate solo la muratura a nord (facciata principale) e ad est (verso Via del Santuario) ma l’intero perimetro di un edificio esistente (un ridotto, una domus fortificata?). Su queste preesistenze si sarebbero aperti, nella II metà del ‘300, i 4 arconi ogivali e più tardi (nel 1453 secondo Bresciani Alvarez) le tre bifore tardogotiche del primo piano (ma le ghiere in mattoni entro cui sono racchiuse le due bifore laterali potrebbero anch’esse essere trecentesche). Già Carturan (pag. 1528 del dattiloscritto) aveva notato la continuità nella tessitura del muro dei due piani, inferendone però la costruzione in due fasi distinte seppur a breve distanza, da parte di due maestranze di diverso orientamento culturale ed artistico, che avrebbero usato però la stessa tecnica muraria (secondo i miei calcoli, tuttavia, la fase trecentesca sarebbe separata di circa 60 anni da quella tardogotica). Sempre il Carturan (pag. 1529) propone per il piano terra una destinazione pubblica per “affari e contrattazioni” con cui concordo, pensandolo anch’io come una sorta di mercato coperto destinato al commercio dei grani, sull’ esempio del padovano Fondaco delle biade (eretto nel 1302 da Giovanni degli Eremitani). Lo stesso storico ipotizza l’esistenza di una scala interna, dov’è l’attuale, per accedere al primo piano, che sarebbe stato adibito a luogo di riunioni ed udienze… (continua nel PDF)

 

[……..] Per accennare alla più recente storia del palazzo, si ricorderà che nel 1934 si riaprono le bifore del primo piano e gli archi ogivali a piano terra. Nel 1939 viene restaurato ed adattato ad uso di sede delle Poste (a terra), biblioteca civica (primo piano e parte del secondo), sede della Consulta al II piano (vedi Carturan pag. 1534). Verso il 1970, dopo il trasferimento delle Poste nell’attuale sede, si procede ad un nuovo restauro del piano terra, destinato anch’esso a biblioteca. In anni recenti, dopo il trasferimento della Biblioteca a S. Biagio, ha subito ulteriori restauri volti a consolidarne le strutture e a permetterne l’accesso anche a persone con handicap fisici, (con il completo rifacimento della scala interna e la realizzazione di un ascensore).

 

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https://www.ossicella.it/archiviowp/loggetta.pdf

Dello stesso autore una suggestiva ricostruzione della storia urbana di Monselice (molto interessante) [ clicca qui ]


© 2023 a cura di Flaviano Rossetto  per  https://www.ossicella.it/

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