Tra i campi di via Pozzetto, nella frazione di San Cosma in mezzo ai vigneti, sorge una abitazione assai antica, con un passato da ricordare e da salvare. Ora in stato di abbandono, ma nel medioevo è stata una piccola ‘corte’ benedettina. Vi abitava nel secolo scorso, il padre del maestro di San Cosma Wladimiro Marchelle, un signore un po’ eccentrico ‘che leggeva’ il giornale tutti i giorni sotto un grande albero nel cortile della sua casa.
Il maestro Marchelle portava spesso i suoi scolari nella sua vecchia casa in via Pozzetto e a tutti raccontava che un tempo l’edificio ospitava una piccola comunità di frati benedettini che si occupava della bonifica del territorio – e in particolare dello scavo dello scolo ‘Rovega’. Forse dipendente dal monastero benedettino di San Salvaro di Monselice che aveva moti terreni in zona. (vedi tesi di Giuliana Desirò)

La tradizione locale è stata ripresa da Roberto Valandro che spiega l’origine, tra l’altro, del Pozzetto di S. Cosma. «Nei secoli lontani l’abate di S. Giustina sopra la Rocca, vedendo la vita infelice dei villani della Stortola, ebbe un’idea saggia: mandò i suoi confratelli a bonificare la zona per sollevarne il tenore di vita. Questi bravi monaci [in realtà la comunità della Collegiata pievana era formata da preti secolari in cura d’anime] costruirono una fattoria, i cui resti si possono notare in un’ampia cantina dai grandi archi, e lì vicino per i contadini scavarono un pozzo dal quale ancora oggi la gente attorno poteva (fino a poco fa) attingere acqua.
Poco distante dal pozzo, ha aggiunto il gentile informatore, sorgeva un’abitazione rustica, più casone che casa, fatta con strutture in legno e graticci intonacati, adibita a riparo per i poveri braccianti: sussisteva ancora in parte alla fine degli anni settanta e veniva chiamata, con un’originale commistione di significati e di immagini, Vaticano cioè porto di tutte le razze».
Sulla facciata della casa c’erano due enigmatici mascheroni teatrali (uno rideva l’altro piangeva), forse frutto dell’immaginazione dei Marchelle. Ora non ci sono più, distrutti dal nuovo proprietario. Emanuele racconta che nell’edificio c’era una intercapedine nascosta tra due muri. Chissà un vecchio ripostiglio …. dei frati.

E’ bene ricordare che i benedettini possedevano un convento anche dall’altra parte della Rovega in località Vanzo, a testimonianza della massiccia presenza dei religiosi impegnati nella attività di Bonifica del territorio. I terreni che facevano capo a S. Salvaro erano suddivisi in numerose “pezze”, sparse nel territorio ad Est di Monselice. Alla fine del Quattrocento, la corte contava quattro possessioni in affitto (185 campi) e 90 campi ‘alla parte’. Nel Cinquecento questo piccolo patrimonio si incentrò su due grosse appezzamenti concessi alla parte: una posta in Contrà della Stortola e una nel territorio di Vanzo; restavano inoltre molti piccoli campi dati in affitto o alla parte, nei quali si contavano terreni arativi, prati, pascoli e valli.

Per tutti questi motivi la vecchia casa dovrebbe essere tutelata dalla Soprintendenza, è un ricordo prezioso per il territorio.

UN PO’ DI STORIA SULLO SCOLO ROVEGA
Scolo Rovega (o canale Rovega) ha origine in comune di Pernumia 1 km a valle dalla derivazione dal sifone “Bagnarolo” dal canale “Bisatto”, si sviluppa in direzione sud nello stesso comune e nei comuni di S. Pietro Viminario, Monselice e Tribano per un’estensione di oltre 11 Km, per poi confluire nella “Fossa Monselesana” in comune di Tribano. Il bacino servito dello scolo “Rovega” misura circa 1.100 ha con la presenza di importanti zone agricole ma anche di zone antropizzate come il centro abitato di Tribano e zone artigianali-produttive di Tribano e San Pietro Viminario. La zona di via Pozzetto scola le acque sulla Rovega e fa da confine con il comune di Tribano.
Personalmente ho trovato citata la Rovega nelle carte che trattano del Retratto di Monselice (1557-1559) e probabile che sia stato scavato e ampliato in quel tempo.
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© 2025 a cura di Flaviano Rossetto
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