Gli originali racconti dello scrittore monselicense Giacomo Mainardi

Giacomo Mainardi con Cappellari

Tra gli autori più prolifici del panorama culturale locale c’è Giacomo Mainardi. Scrittore e poeta, nasce a Monselice nel 1934 in una famiglia numerosa: è infatti il terzultimo di nove fratelli. Nel 1965 si trasferisce a Este. Ha all’attivo numerose pubblicazioni. Tra queste: Il grillo in bottiglia, poesie (Padova, Zielo, 1981); Il berretto: poesie per burla o del distacco (Este, Grafica Atestina, 1988); Cronache dal Monte Cecilia (Este, Grafica Atestina, 1990); Bosco a mezzogiorno: poesie (Padova, Zielo 2002); Tre novelle (ovvero delle infedeltà coniugali): lettera sullo sport monselicense (2004); La palla d’oro: racconti minimi. (Padova, Zielo, 2006); I racconti di Carmine (Padova, Zielo, 2008); Il Sergente GB: due mesi in prima linea; gli operai, il ministro: 2 soci in vacanza (2010); Giudicate voi e altri racconti (Padova, Zielo, 2012). Anselmo Bucci, pittore volante e un Sant’Antonio mancato (Este, Grafica Atestina, 2012); Fiori di Roccia: versi residui (Padova, Zielo, 2013).

In particolare prendiamo in esame La palla d’oro, raccolta di brevi racconti di cui Mainardi stesso in apertura di libro chiarisce la genesi. Lo scrittore spiega che l’idea di pubblicare questo libro è nata dopo aver recuperato per caso tre novelle e una lettera del padre. Si tratta di componimenti ispirati a episodi realmente accaduti all’autore, per lo “più cronache di avvenimenti curiosi, alcuni dei quali costituirono per lunghi periodi motivo di ilare intrattenimento nelle serate fra amici”. Tra i brani presenti nell’opera ne selezioniamo alcuni sui quali ci soffermiamo brevemente di seguito.

A pagina 79 c’è Incontri al mercato. Qui viene descritto un significativo episodio verificatosi un sabato mattina al mercato settimanale di Este. Lo scrittore è con un amico musicista quando è attirato dal suono di un sassofono che giunge dalle vicinanze. Insieme i due raggiungono il luogo e fanno la conoscenza di un uomo dalla storia particolare: non si tratta, infatti, di un semplice artista di strada qualunque, bensì di un ex componente di un’orchestra di Timisoara, città della Romania, ora costretto a fare affidamento sulla generosità dei passanti. Il racconto, dall’architettura semplice ma ben curata, lascia affiorare un senso di tristezza e umana compassione. Il lettore è invitato a riflettere sulle alterne fortune della vita e sul fatto che essa non ci concede troppe certezze: si può salire in alto e poi essere costretti dalle circostanze a scendere repentinamente in basso.

Un avvenimento risalente ai primi mesi del Dopoguerra è al centro di Una manciata di pallottole, a pagina 93. Protagonista di questo racconto, ambientato a Monselice, è un Mainardi ragazzino che, assieme ad alcuni amici, mentre lentamente la situazione torna alla normalità dopo lunghi mesi di bombardamenti aerei, decide di far brillare per gioco alcuni proiettili di fucile in uno scantinato. Trascorrono alcuni minuti, ma non si verifica nessuno scoppio. I bambini allora tornano a controllare ed ecco che, arrivati a pochi metri da dove hanno lasciato le pallottole, vengono investiti da una scarica di crepitii e sibili assordanti. Spaventati, si danno alla fuga. Solo per un caso fortuito nessuno rimane ferito. Un evento simile a quanto capita a San Cosma (e chissà in quanti altri luoghi d’Italia) in quello stesso periodo. Nella frazione, però, l’esplosione di alcuni ordigni causerà la morte di quattro ragazzi innocenti: una tragedia ricordata nel cortometraggio Il gioco del silenzio.

 Singolare è invece a pagina 129 Racconti e novelle, testo in cui Mainardi si propone simpaticamente di chiarire la differenza tra il racconto e la novella. Il primo, scrive l’autore, è maschile e dovrebbe, necessariamente, narrare vicende solide e ben piantate. Quanto alla seconda, dovrebbe concentrarsi  su storielle più leggere e di colore tra il rosa e il bianco, con una spruzzatina di grigio tenue. Riflessioni di carattere metaletterario si rintracciano anche altrove. Ad esempio nella parte iniziale de La foglia, a pagina 135. Qui ci si interroga sulla scrittura: può essa distogliere l’attenzione da un pensiero dal quale una persona non riesce a liberarsi, oppure è facile che invischi ancora di più in quel pensiero?

La palla d’oro rappresenta nel complesso una ricca e interessante lettura, niente affatto pesante, piacevole per il lettore e capace anche di sorprenderlo con alcune riflessioni tutt’altro che banali.