La tradizione nel giorno del solstizio A metà dell’anno scoccava puntuale, in una delle notti magiche del calendario agrario europeo durante il quale si concedeva spazio a rituali dal sapore paganeggiante e preistorico. La rugiada della notte era ritenuta miracolosa, usata per impastare el levadin, il lievito fermentante per il pane di tutto l’anno, così come raccogliere le erbe atte a liberare da malattie e malefici evidenziava antiche pratiche terapeutiche. Nella cappelletta dedicata a San Giovanni sulla vetta, da quando la famiglia Cini s’era impossessata del colle, si celebrava messa anche per i loro braccianti e operai; in realtà, come ha dimostrato Antonio Rigon, la dedicazione della chiesuola fondata nel 1203 spettava a San Giovanni Evangelista, onorato il 16 maggio e il 27 dicembre: un tentativo, forse, di sovrapporsi alla primitiva tradizione volendola cancellare o sminuire con la presenza di un piccolo monastero e di un santo omofono, concorrente per ufficialità di culto e di prestigio. |
Il nome Monte Ricco è documentato per la prima volta nel secolo 13°, anche nei testamenti del cardinale Simone Paltanieri. Il termine Ricco (di origine longobarda) viene a sostituire nelle pergamene notarili la denominazione Mons Vinearum (Monte delle vigne).
Una leggenda racconta che nei tempi antichi un cercatore trovò sul colle tracce di oro, infatti sembra che un carro tutto d’oro ricoperto da pietre preziose fosse stato sommerso da una frana. Molti da allora si misero sulle tracce del fantomatico carro dell’oro, ma le ricerche non diedero alcun risultato, rimase però il nome del colle che da allora si sarebbe chiamato Monte Ricco (Dal libro di Romolo Brugiolo ‘Preghiere di strada).
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