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Profilo storico di mons. Angelo Cerato
Durante la guerra 1915-1918, in qualità di soldato addetto alla Sanità, gli fu dato l’incarico di fare l’autista e guidare dei camion adibiti ad ambulanze, i famosi 15 ter, veicoli con ruote piene e trasmissione a catena. Con quelli riusciva ad arrivare anche nei pressi delle trincee percorrendo carrarecce piene di insidie e strapiombi per caricare feriti e portarli negli ospedali. Fu ordinato sacerdote nel luglio del 1922 alla presenza di Mons. Codemo, famoso predicatore della diocesi di Padova, che era stato suo insegnante.
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Cercò e accolse il “Carmelo” a Monselice, scegliendo come dimora delle suore una villa al termine di via San Biagio. Iniziò anche l’Adorazione Perpetua nella chiesa di santa Rosa, oggi detta anche chiesa del Rosario, in via Buggiani. Monsignor Cerato fu pure l’antesignano a Monselice dell’istituzione della nuova scuola media statale. Infatti alla fine degli anni 40 l’arciprete mise a disposizione la canonica del duomo vecchio perché iniziasse a funzionare una sezione di scuola media collegata con il collegio vescovile di Este.
L’esperienza durò assai poco, perché già nei primi anni 50 fu istituita la scuola media Guinizelli in villa Pisani che, qualche anno dopo, passò nell’edificio attuale. La vecchia canonica che si rese libera fu consegnata a una scuola elementare cattolica. Preoccupato poi dell’assistenza ai lavoratori, l’arciprete ampliò i compiti del circolo ACLI, istituendo nel nuovo patronato bar, mensa e locali sia per il tempo libero sia come punto di ristoro per gli operai che a mezzogiorno non potevano ritornare a casa propria. Un’altra iniziativa di carattere sociale, che però non durò a lungo, fu la creazione di una casa per ferie della nostra comunità parrocchiale a San Vito di Cadore.
All’inizio degli anni 60 l’arciprete acquistò in quel paese un immobile che, con opportune varianti, sarebbe stato sufficiente e adatto per realizzarvi un soggiorno estivo per giovani e famiglie. La casa fu intitolata a “San Sabino” e subito usata dalla nostra parrocchia, nonostante l’Amministrazione comunale di San Vito, pur sollecitata, non avesse ancora concesso l’autorizzazione, che non arrivò mai, perché non si volevano in quel territorio case per comunità. Dopo alcuni anni di insistenze, l’arciprete dovette abbandonare l’iniziativa e rescisse il contratto. Questi i pregi di un uomo dal carattere impulsivo ed egocentrico; per questo, penso, non accettò mai che le sue opere, specie il duomo nuovo e il patronato, fossero preventivamente discusse dai suoi parrocchiani e dall’autorità civile. Un piccolo esempio che ha lasciato un certo sconcerto nelle file dell’Azione Cattolica. In una riunione di iscritti tra i quali anch’io, presieduta dall’arciprete stesso, fu discusso a chi intitolare il nuovo patronato parrocchiale. Dopo varie proposte e discussioni fu scelto all’unanimità il nome “San Sabino” del patronato precedente. Dopo neanche una settimana uscì il giornale “La Rocca” con la notizia che il nuovo patronato era intitolato alla “Immacolata”. A qualcuno che gli chiese spiegazione rispose che aveva scelto quel nome perché l’8 settembre per lui era un giorno particolare per quanto riguardava i lavori da lui coordinati a Monselice; e proprio l’8 settembre ricorre la festa della nascita immacolata della Madonna. Per concludere devo affermare che monsignor Cerato non fu solamente un costruttore, ma si adoperò anche con impegno per risvegliare lo spirito cristiano dei fedeli, spesso latente. Per questo volle che tutto il popolo della grande parrocchia del duomo potesse avere un’assistenza religiosa più vicina, così propose al Vescovo di suddividere il territorio in quattro parrocchie: Duomo, Carmine, San Giacomo e SS. Redentore