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Storia del Catajo di Battaglia Terme nell’Ottocento

STORIA DEL CASTELLO DEL CATAJO TRA L’OTTOCENTO E L’INIZIO DEL NOVECENTO

Sintesi tratta da Dopo gli Obizzi – Il Castello del Catajo ed il Borgo di Battaglia tra inizio Ottocento e primi del Novecento di Paolo Bonaldi (pubblicato nel periodico Il Ducato – Terre Estensi)

Verso la fine del mese di maggio del 1803, Tommaso ultimo degli Obizzi è gravemente ammalato. Il 3 giugno al Catajo muore. Nella notte tra il 2 e il 3, ancora lucido, detta al notaio Giuseppe Bozza il testamento. Nel testamento non pone alcun vincolo per il vastissimo complesso museale creato sotto la sua personale regia. Estinti gli Obizzi il prezioso patrimonio passa al casato estense già imparentato con gli Asburgo. Il secolo porta accadimenti molto intensi, dalla Rivoluzione Francese, alla Restaurazione del 1814, dal Risorgimento all’Unità d’Italia, dalle tre guerre di indipendenza alla seconda rivoluzione industriale ed alla nascita del socialismo. Tutto questo in una Europa inquieta e sempre concentrata nel continuo braccio di ferro militare che alla fine sfocerà nella catastrofica prima guerra mondiale. Il castello, testimone nobile e silenzio, osserva gli eventi e gli ospiti. Tommaso Obizzi fu grande collezionista e in poco più di 30 anni alla fine del ‘700 adatta una parte del castello a museo per mettere ordine alla raccolta delle armi e degli strumenti musicali. Crea la biblioteca, il Gabinetto Scientifico e di Storia Naturale, sistema le raccolte antiquarie e il materiale numismatico di gran valore.

Cosa accadeva nella politica europea in quel momento? L’Italia del Nord si trova nel mezzo delle guerre francesi con la campagna d’Italia di Bonaparte. Il 12 maggio del 1797 il Maggior Consiglio mette la parola fine alla millenaria Repubblica di Venezia. I francesi sono in città, nessuna resistenza, il saccheggio è un gioco da ragazzi. Parte delle truppe di Napoleone ”soggiornano” presso il Grand Hotel Terme di Pietro Selvatico inaugurato a Battaglia da pochi mesi, e parte al Catajo. Dopo il trattato di Campoformio del 1797, Bonaparte tiene il Belgio e ”regala” il Lombardo-Veneto agli Asburgo. Dal Grand Hotel dei Selvatico partono i francesi e arrivano gli austriaci. Ma nulla è stabile. Nel 1805, dopo Austerliz, Napoleone si riprende il Nord-Italia. Al Grand Hotel tornano i francesi. Tutti occupano, ma nessuno paga! Viene poi il disastro della campagna di Russia e dopo il congresso di Vienna del 1814 nel Veneto tornano gli austriaci. Si apre un periodo che rimarrà instabile fino al 1866. Queste terre conosceranno sempre più miseria e povertà. I disordini faranno crescere il fenomeno del brigantaggio. Anche Pietro Selvatico sarà costretto a vendere il Grand Hotel Terme, villa compresa.

Chi è il nuovo proprietario del castello dopo il 1803? Tommaso, morto a soli 53 anni dopo una vita vissuta con eccessi di ogni sorte, con la moglie morta solo due anni dopo dal matrimonio di crepacuore per i continui dispiaceri subiti, non ebbe figli. Morto pure Ercole III dopo pochi mesi, il testamento prevedeva il passaggio di tutti i beni all’ultimogenito di Maria Beatrice d’Este sposata con Ferdinando d’Austria, figlio dell’Imperatrice Maria Teresa. L’erede quindi era Carlo Ambrogio, il quale ancor giovane muore nel 1809. Nel 1806 pure il padre Ferdinando che svolgeva il ruolo di procuratore, morì. Gli altri fratelli trovarono subito un accordo fra di loro e nel rinomato casato d’Estense-Asburgo diventa erede del Ducato di Modena, comprensivo dei beni degli Obizzi, Francesco IV.

I NUOVI PROPRIETARI DEL CASTELLO E DELLA TENUTA DEL CATAJO

Gli Asburgo-Estensi presto si accorsero del valore strategico oltre che economico della tenuta e del castello. Una splendida residenza situata in posizione ottimale nella via di comunicazione tra Modena e Vienna. Poteva diventare luogo di villeggiatura per la famiglia ducale oltre che palazzo di rappresentanza. Per tre mesi all’anno la corte di Francesco IV veniva al Castello con un seguito di circa 90 persone. Per i suoi elementi naturalistici, architettonici e museali era un luogo ameno di riposo e svago, dove si organizzavano feste e ricevimenti. Era anche un luogo di produzione agricola con le fattorie che necessitavano di una gestione economica adeguata. Gestione affidata ad Agenzie seguite in prima persona dai Duchi. Era, infine, punto di riferimento per l’attività politica nazionale ed europea, favorito per essere appartato e lontano dai centri del potere.

FRANCESCO IV DUCA DI MODENA 1814-1846

Quando Francesco IV arrivò a Modena nel 1814 aveva 36 anni. Ha trascorso molto tempo viaggiando tra le corti d’Europa. Tesseva intrighi e rapporti sia con gli Asburgo che con gli avversari di casa d’Austria. La moglie era una Savoia, imparentato quindi con tutte le case regnanti allora in Europa. Gli storici raccontano che aveva una visione ”divina” della sua missione di sovrano. Governò con un pugno dittatoriale, anche feroce. Era ossessionato già dal 1820 dalla Carboneria e dai moti liberali. Fino al 1831 tutta la sua azione politica coltivava un sogno: diventare sovrano di uno stato più grande del suo Ducato. Irrequieto ed ambizioso, riteneva legittima per sé la successione al trono dei Savoia. Pensava pure al Lombardo-Veneto e per quanto inutili mise in atto intrighi diplomatici contro gli stessi Asburgo. Molte delle sue iniziative riservate vennero condotte al Castello. Documentati sono oggi i suoi ambigui rapporti con una parte del movimento risorgimentale, soprattutto con i liberali moderati, cercava di controllarli e di strumentalizzarli. Dopo il 1821 entra in contatto personale e di affari con la famiglia Menotti e con Ciro. Pur a conoscenza che questi era un leader della Carboneria, per tutto il periodo 1821 al 1831 non solo non lo fece mai arrestare, ma pareva assecondarlo. La politica poi si complica, si impaurisce e lo stesso giorno previsto per le sollevazioni popolari, il 31 gennaio 1831, fece arrestare Menotti e alcuni suoi amici. causa delle turbolenze popolari nel mese di febbraio il Duca fugge da Modena. Scappa verso il Catajo, porta con sè in catene anche i prigionieri. Documenti noti confermano che la condanna a morte di Menotti venne decisa e firmata al Catajo. Condanna poi eseguita poi in gran segreto nel mese di maggio a Modena.

Dopo il 1831 Francesco IV, compreso il clima politico assai teso, si appoggerà  solamente alla casa madre austriaca. Il Castello torna a essere un luogo di villeggiatura e di ristoro. Descriviamo ora quello che può essere considerato l’evento più importante in quel momento, cioè l’ampliamento strutturale del castello sia per il prestigio ducale che per ospitare la fastosa corte modenese durante i lunghi soggiorni estivi. Sul lato nord venne costruita una nuova ala chiamata ”Castelnuovo”, mentre la struttura principale esistente viene definita ”Castelvecchio”. Inoltre sulle pendici del colle verso il parco dei daini, già allora riserva di caccia, nasce il Giardino della Duchessa. I lavori terminarono in parte nel 1838, l’anno del viaggio nel Lombardo-Veneto dell’Imperatore d’Austria Ferdinando I per l’incoronazione nel Duomo di Milano con la Corona di Ferro, simbolo millenario dei Re d’Italia nel Sacro Romano Impero. Per questa occasione venne stampata una Carta del viaggio molto dettagliata: Topografia del viaggio intrapreso e compiuto, cronologia, tappe e luoghi.

L’Imperatore dopo i 15 giorni trascorsi a Milano, iniziò il viaggio di ritorno via Venezia e Udine. Giunse a Battaglia, al Castello, nella giornata del 3 ottobre. Grandi festeggiamenti, Catajo illuminato a giorno, anche le imbarcazioni nel canale. La corte imperiale partì il giorno dopo, lungo l’elenco degli ospiti presenti. I Duchi rimasero al castello per festeggiare l’onomastico di Francesco IV il 4 ottobre. Nel 1838 ci fu una epidemia di colera con morti anche in provincia di Padova. Venne costruita la prima ferrovia italiana, la Napoli-Portici, sempre lo stesso anno piovve per cinquanta giorni di fila a partire dal 2 Novembre. Il Po e l’Adige strariparono, il nord Italia era allagato, comprese le paludi del Catajo. Nel 1842 si tenne a Padova l’ottavo Congresso degli Scienziati italiani. Il Duca invitò tutti al Castello per visitare le varie collezioni museali e archeologiche. Per l’occasione tornarono al castello le monete e le medaglie portate a Modena anni prima.

FRANCESCO V DUCA DI MODENA DAL 1846 AL 1859

Francesco IV muore il 21 gennaio 1846. La moglie, che adorava il Catajo, proprio al Castello era morta nel 1840. Sale al trono Estense il figlio Francesco V nato a Modena nel 1819. Questi era già sposato con una principessa di Baviera, Adelgonda, che amerà poco il castello e vi soggiornerà solo per brevi periodi. Il governo ducale del padre iniziò nel 1815 tra i disordini postnapoleonici e si concluse in un momento di calma apparente e di stabilità politica. Con Francesco V fu il contrario, un paio di anni di relativa tranquillità, per poi vedere gli eventi precipitare burrascosamente fino a costringerlo al definitivo esilio da Modena. Anche Francesco V fu sovrano assoluto, uomo mite e meno ambizioso del padre. Il 1848 fu l’anno delle rivolte nelle maggiori città italiane ed europee, con tensioni rivoluzionarie sia a Milano che a Vienna. Gli Austriaci in difficoltà lasciano Modena e anche qui ai primi di marzo ci sono sollevazioni anti-austriache. Il 21 marzo Francesco V con la corte e un seguito di numerose carrozze che trasportavano valori ed opere d’arte esce da Modena destinazione Catajo.

Si riteneva il Castello ancora un rifugio sicuro, ma l’esperienza repubblicana di Daniele Manin coinvolgerà presto anche Padova e la sua provincia. Il Duca proseguì per Vienna, altri importanti funzionari si rifugiarono al Catajo per nascondere il materiale prezioso. All’interno del ”Comitato Provvisorio Repubblicano di Padova” nel caos del momento si crearono attriti con sospetti reciproci tra i gruppi di Battaglia e Monselice. Questi ultimi accusarono i battagliensi di essere partigiani del Duca per i vantaggi economici ricevuti. I funzionari ducali al loro arrivo ebbero la prima sorpresa: la guardia Civile Volontaria appena costituita a Padova portò via dal castello armi di tutti i tipi: lance, fucili da caccia, spade e pistole, armi trafugate dal Museo. Il momento era sempre più teso, nel Veneto in pieno 1848 passavano eserciti regolari e bande armate diverse. I pochi modenesi al Castello dovevano proteggere luogo e ricchezze. Gruppi armati pontifici arrestarono al loro passaggio i funzionari estensi e un commerciante di cavalli di Este, poi rimessi in libertà grazie alla mediazione di Andrea Meneghini, leader repubblicano di Padova. I funzionari modenesi verranno poi arrestati nuovamente vicino a Treviso da bande irregolari e, considerati filoaustriaci, saranno trucidati dalla folla abbandonata a violenze incontrollate. In quei giorni al Catajo avviene di tutto, perquisizioni, occupazione e requisizione di beni e cavalli. Il Comitato di Padova prenderà in consegna argenteria e gioielli che verranno poi restituiti anche con parte delle armi.

In estate scoppia la  prima Guerra di Indipendenza che si conclude velocemente senza soddisfazioni per i Savoia. Ad agosto il Duca potrà rientrare a Modena. Riprende il governo soffocando le tensioni libertarie, anche se qualche timida riforma recepirà il vento nuovo che soffia in Italia ed in Europa dopo il 1848, nuovi Statuti, libertà di associazione, libertà di stampa e qualche amnistia. Nel mese di ottobre del 1848 il Duca dispone di spedire in Austria tutto quello che era rimasto dell’armeria storica ed altro materiale. Temeva evidentemente altre irruzioni al Castello. Una lettera dell’agosto 1850 di corrispondenza tra Ferrari e Gamorra presente in Archivio di Stato, ci permette di conoscere che la duchessa Adelgonda amava più Venezia che il Catajo e che in quello stesso anno il Duca acquisterà un palazzo nobile a Venezia che verrà arredato con mobili, tendaggi e suppellettili prelevati dal castello. Quel palazzo diverrà la sede del Consolato degli estensi e sarà frequentato dai Duchi fino al 1866.

Si arriva al cruciale 1859. I nuovi protagonisti nella storia d’Italia e d’Europa, Cavour, Mazzini e Garibaldi, indirizzano gli eventi. L’Austria cade nelle provocazioni dei piemontesi e nel mese di aprile scoppia la seconda Guerra di Indipendenza, Francia e Savoia contro gli Asburgo. Per questi ultimi arrivano due sconfitte militari di seguito, a Magenta e poi a San Martino e Solferino. I Generali dei Savoia brillano per la loro impreparazione. I Francesi decidono di fermarsi. Firmato l’armistizio la Lombardia passa ai Savoia. Senza più protezione austriaca anche il Duca di Modena è isolato, evita la guerra civile abbandonando la città. L’11 giugno si muove verso il Catajo, ancora considerato luogo di salvezza, anche politica. Speranza che risultò sempre più effimera. Iniziò il periodo dei cosiddetti plebisciti che portarono nel 1861 alla nascita del Regno d’Italia, Modena, Reggio Emilia, Parma, Ferrara e il Gran Ducato di Toscana vengono annessi al Regno. Il Risorgimento continua con le sue difficoltà e con il poco coinvolgimento del popolo.

1866 – LA TERZA GUERRA D’INDIPENDENZA

Si arriva così al 1866 con la terza Guerra d’Indipendenza. L’Austria sconfiggerà il sempre disorganizzato Esercito Regio Italiano a Custoza e poi anche per mare a Lissa. Ci penserà la Prussia a sconfiggere gli austriaci, così il Veneto e parte del Friuli dopo il plebiscito di ottobre verranno annessi all’Italia dei Savoia. Chiudono immediatamente il Consolato a Venezia e anche la Legazione Modenese a Vienna. Dal 1866 al 1875, anno della sua morte, il Duca non verrà più al Catajo. Con Francesco V termina il periodo dei Duchi Estensi legati alla casa d’Austria. Muore il 20 ottobre del 1875 senza eredi.

FRANCESCO FERDINANDO ASBURGO-ESTE EREDE AL TRONO D’AUSTRIA

Negli ultimi anni di vita Francesco V propose al fratello minore dell’Imperatore Carlo Lodovico di nominare erede uno dei suoi figli. La scelta cadde su Francesco Ferdinando. Franz Ferdinand divenne erede al trono nel 1895 dopo la misteriosa morte del cugino Rodolfo a Mayerling nel 1889 e dopo la morte del padre Carlo Lodovico. Il 1896 è un anno particolarmente importante, partono da Battaglia numerosi treni merci verso Vienna e verso la Boemia. Tutto quello che si trova al Castello viene portato via: mobili, arredi, statue, oggetti del museo anche pezzi del castello stesso. Perché l’Arciduca svuota il Catajo? Da poco è erede al trono dove siede un imperatore vecchio e stanco e per leggi asburgiche succedendo a Francesco Giuseppe avrebbe perso tutto. I biografi lo descrivono come persona molto attenta alla gestione dei suoi beni ed anche molto avara. Inoltre Sofia non amava il Catajo ed egli non amava per nulla gli italiani. Infine già aveva individuato come residenza estiva il nuovo castello di Konopiste in Boemia.

Da giovane Francesco Ferdinando viaggiò molto. Studiava e frequentava le case regnanti in Europa. Era persona energica e focosa. La caccia era una ossessione più che una passione. Si vantava infatti, di aver ucciso 300.000 prede tra cui 5000 daini! Dal 1883 dispose che il Catajo fosse riserva di caccia personale. Sulla politica interna ed estera era pressoché sempre in disaccordo con l’Imperatore. Alla fine della prima guerra mondiale il castello passerà allo Stato italiano come risarcimento dei danni di guerra.

DALLA STAMPA LOCALE E NAZIONALE PER RICOSTRUIRE LE VICENDE PIÙ SIGNIFICATIVE DI QUESTO PERIODO

Il Veneto del 17 febbraio 1903 riporta un articolo, che troveremo anche sul Corriere della Sera dal titolo ”Una vendita importante”. Leggiamo: «Il Castello antico degli Obizzi, spogliato completamente dal proprietario attuale, è in vendita e potrebbe diventare un grande ospizio. Trattative difficili per il valore elevato del complesso». Chiude così questo articolo: «I lettori non avranno certo dimenticato la campagna fatta dalla stampa contro la spogliazione del Castello avvenuta con l’autorizzazione del nostro Governo, tutt’altro che disposto a far cosa che potesse dispiacere al proprietario». Nel novembre del 1906 l’ Arciduca sarà al castello per la tradizionale caccia al daino. Molti i lavori di manutenzione per la visita. Il primo settembre 1908 Il Veneto riporta una notizia titolando in seconda pagina: ”Voci che corrono insistenti – Il Castello del Catajo trasformato in un grande monastero – Monache tedesche e francesi in visita – Intervento diretto della Casa d’Austria”. L’articolo accenna anche alla nascita di un Educandato e nei giorni a seguire si parlerà anche della destinazione a Sanatorio.

Nel primo articolo vi è un accenno anche ad un’altra ipotesi. Quella di una trattativa di vendita non andata in porto con l’on. Ivo de Bizzarro titolare dell’albergo Eden di Roma che venne in visita per due giorni al Castello. Per ciò che riguarda il monastero l’articolista ipotizza che si possa trattare di un regalo da parte di Sofia, moglie di Francesco Ferdinando, agli ordini religiosi legati alla Casa d’Austria. L’articolo chiude riportando le preoccupazioni della popolazione di Battaglia per l’eventuale Sanatorio che ”potrebbe costituire per noi un forte danno”. Il Veneto del 2 settembre riporta in prima pagina un articolo aspro e sarcastico nei confronti di Francesco Ferdinando, il quotidiano per sua impostazione politico ideale considera l’Austria sempre  come paese invasore. Polemiche che arriveranno sulle pagine del Corriere, del Gazzettino, della Libertà e della Provincia di Padova.

Il Veneto del 5 settembre 1908 porta altre informazioni. Titola l’articolo: ”Abbiamo fatto bene ad aprire la discussione. Il Catajo è questione gravissima”. Il giornale rende pubblici documenti, nomi e notizie che avvalorano le varie ipotesi, soprattutto quelle relative al Sanatorio. Al Castello stanno iniziando i lavori per il riscaldamento. Il prossimo 15 settembre organizzeranno una visita aperta alla stampa. Cosa accadrà poi? Prima di trovare altri articoli che parlano del Catajo deve passare più di un anno. Nel mese di novembre del 1909 la novità è rappresentata dalle ipotesi di vendita del Castello alla famiglia Emo-Capodilista-Maldura, già proprietaria della Villa Selvatico. La Casa d’Austria smentisce tutto con una nota stampa. Più concreta e preoccupante invece la notizia descritta in tutta la stampa veneta il 25 maggio del 1915, quando l’Italia dopo l’anno della neutralità dichiarò guerra all’Austria. Nel pomeriggio del giorno avanti i cittadini di Battaglia con gli operai usciti dalla fabbrica in corteo andarono al Castello. Entrarono con la forza, Don Montecchio cercò di opporsi, fortunatamente tutto si risolse con la bandiera italiana issata sulla torretta più alta. Nessuna violenza e nessun saccheggio (Paolo Bonaldi).


© A cura di Flaviano Rossetto – flaviano.rossetto@ossicella.it