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Le cave del Cini durante la 1° guerra mondiale

Trachite della rocca ammassata presso il porto (ponte di ferro) in attesa di essere imbarcata

Lo storico Paolo Bonaldi ha pubblicato per il Centro Lucini un interessante saggio intitolato: Di fronte alla grande guerra. La neutralità nella politica e nella  società della provincia di Padova attraverso la pubblicistica locale. Alcune pagine del libro descrivono la società monselicense di quel tempo. Riprendiamo le pag. 147-148 nelle quali vengono descritte le vicende nelle cave di trachite della Rocca,  dal 1914 e fino al 1915, nei mesi in cui iniziava in Europa la prima guerra mondiale.  L’economia mondiale aveva subito una rapida caduta e la conseguente depressione si faceva sentire anche in Italia.
La crisi colpiva anche le cave Cini e la conseguente disoccupazione si aggrava di giorno in giorno. Molti lavoratori scalpellini partono o per la Germania o per altre località italiane. Cini dimezza i salari ed impone il cottimo. Colpo duro per il sindacato, chiudono sia la lega degli scalpellini che quella dei lavoratori di cava. Non esiste una capacità contrattuale e nella più totale disorganizzazione si dissolve anche la camera del lavoro di Monselice. La cooperativa socialista, che si occupa della vendita viveri e vestiario a pezzi calmierati, mancando gli elementi più politicizzati rischiava di trasformarsi in una bettola.

Nel 1914 ci sono le elezioni amministrative ed i socialisti non riescono nemmeno ad entrare in consiglio comunale come minoranza. In questo contesto durante tutto il 1914 il consiglio comunale discute animatamente una proposta relativa alle cave di trachite sul colle della Rocca in pieno centro storico, cioè la domanda della ditta Cini per la costruzione di un binario di raccordo con la stazione ferroviaria per il trasporto rapido del materiale estratto.

Dal <<Il Veneto>> del 24 ottobre del 1914 un lungo articolo ben descrive il clima sociale ed economico presente a Monselice  <<Se Monselice non avesse avuto la Rocca, avrebbe intensificato  la propria attività in altri campi assai meno onerosi. Mentre oggi la ricchezza unica e sola del comune, se così si può chiamare, è data dalle cave di trachite. Si tratta però di una ricchezza relativa, giacché un po’ alla volta lo sfruttamento delle cave, ai piedi della Rocca, ha finito per soffocare la vitalità del centro cittadino. Lungo i binari della ferrovia ci sono depositi abusivi di pietre provenienti dalle cave.  Le strade sono percorse da numerosi carri e carretti con carichi pesantissimi tanto da rovinare il manto stradale: numerosissime sono le pozzanghere e le buche, che generano tra i passanti conflitti noiosi e fastidiosi. Tutto questo viene tollerato in santa pace, per aiutare, facilitare il commercio della pietra, che costituisce -ripetiamo- l’unica risorsa per la città e che rappresenta, in fondo, più che altro un interesse privato. La verità è questa: da anni e anni Monselice non ha avuto che un’unica preoccupazione salvare quanto più della rocca, ma consentire il maggior sfruttamento delle cave ai piedi della stessa; contraddizione appunto ma realtà sostanziale. Così un po’ alla volta si è fatta l’abitudine al libero arbitrio, con qualche voce isolata di protesta, tanto che ognuno ha continuato a fare il proprio comodo>>.

Dopo la discussione in consiglio comunale approvano la convenzione con la ditta Cini, condizionandola ad un solo viaggio al giorno, all’assunzione di operai in cava e per un tempo di 12 anni.
Arriva il maggio del 1915 (inizio della 1° guerra mondiale) ed altre diventano le priorità amministrative ed il binario rotabile non venne costruito.

Un po’ di storia

L’industria principale del paese nei primi del Novecento consisteva nello scavo e nella lavorazione della trachite, che in buona qualità e quantità eccellente si trovava nella Rocca. Questa industria fu causa delle tristi devastazioni avvenute nell’antica fortezza. La trachite che si ricavava dalle cave di ponente, proprio dove stava il Duomo vecchio, è della specie più dura e per la pavimentazione delle vie pubbliche viene preferita a qualsiasi altra. In quegli ultimi anni, e per la seconda volta dal 1850, con essa si rinnovò la piazza di San Marco di Venezia. Si prestava a una buona lavorazione per formare gradini, contorni di fori, e per molti altri usi di architettura stradale e idraulica. Ridotta a blocchi lavorati, risultava di aspetto bello e robusto nelle facciata degli edifici. Nelle varie cave trovavano impiego allora oltre 300 operai tra scavatori ed esportatori.

Per l’avidità umana invece dobbiamo aspettare fino all’Ottocento, ma sarà questo il nemico che infliggerà i danni maggiori. La collinetta della “Rocca” è costituita da roccia trachitica, materiale di alta qualità usato forse già nell’antichità. Nell’era moderna la Rocca ha fornito pietre per la pavimentazione di piazze, per la costruzione delle massicciate che prima dei “Murazzi” proteggevano la laguna e per l’edilizia. Si trattava comunque di “prelievi” contenuti, il salto di qualità nello sfruttamento della collina è databile alla seconda metà del XVIII secolo, grazie all’uso di tecniche innovative come le mine. Da quel momento il sempre crescente quantitativo di roccia estratta inizierà a mettere a repentaglio la sopravvivenza delle strutture murarie presenti sul Minor Colle, rischio che si concretizzerà nel 1820 col crollo di “un buon tratto delle mura a nord” perché “corroso alla base dall’escavazione della Trachite”.

Nel  1840 il Consiglio Comunale di Monselice approvava il Regolamento di Sicurezza ed Ornato, con lo scopo di proteggere “il bello e il piacevole che offre la Rocca”. Cento anni dopo il Podestà Annibale Mazzarolli nel suo “Monselice: notizie storiche” commentava con amarezza che si poteva ammirare “l’efficacia che ebbe il Regolamento”.

Il Cini  iniziò, letteralmente, a distruggere il monte, cortine murarie, torri, antiche chiese, interi castelli, tutto svaniva sotto i colpi delle sue mine. Già nel 1888 la produzione della Cava Cini con 38000 metri cubici annui superava quella di tutte le altre cave euganee.  Fortunatamente il grido di dolore dei monselicensi, disgustati dalle devastazioni inferte alla loro collina, fu ascoltato dal Prefetto di Padova che, nel 1902, firmò l’ordine che fermava l’avanzamento del fronte di cava. Negli anni di sfruttamento selvaggio, Cini aveva accumulato una fortuna enorme, che il figlio Vittorio userà anni dopo per una grandiosa campagna di restauro di Ca’ Marcello, prima residenza monselicense della famiglia e poi dal 1980 sede museale.

Altre attività a Monselice

Oreficeria– Particolare di Monselice è la produzione del manin d’oro (catenella di Spagna), molto in uso ai tempi della Repubblica. In questa trovavano impiego circa 200 operaie che lo lavoravano a domicilio. Le più abili guadagnavano quasi 2 lire al giorno. Il manin d’oro di Monselice veniva fornito a tutte le città del Veneto, e qualche volta era ricercato anche all’estero.

Setificio– I fratelli Trieste avevano uno stabilimento a vapore per il trattamento della seta. Lo stabilimento conteneva circa un centinaio di fornelli, e per sei mesi dell’anno trovavano impiego circa 180 operaie del paese. A quei tempi venne migliorato, introducendo perfezionamenti nei meccanismi.

Paste alimentari– Il signor Luigi Pippa, industrioso e coraggioso negoziante, attivò una fabbrica a vapore di paste alimentari, poi ampliata e completata.

Liquori– La fabbrica dei fratelli Ghiraldini, premiata con medaglia d’oro, produceva eccellenti bibite.

Su questo argomento fondamentale lo studio di Raffaello VerganiMasegne e calchere : secoli di attività estrattiva, p.403-413. (Le risorse disponibili; Dalle origini al 1850; L’ evoluzione delle tecniche; Uno sfruttamento di rapina : tra XIX e XX secolo; Note)  [Vai…]

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