Eretta nel 1588 e convincentemente attribuita allo Scamozzi, l’elegante villa è stata costruita lungo il Bisatto, attorniata da un ampio giardino all’italiana, sullo sfondo degli ameni colli. Come le altre della Riviera Euganea, sorge dopo la bonifica della zona che, come è noto, è stata attuata tra il 1557 e il 1559.
Sull’area antistante la casa signorile è stato realizzato un grazioso parterre, ricco di rose di ogni tipo con ai lati due ampie peschiere per capre, vasche d’acqua alimentate da una vecchia chiavica di derivazione, visibile lungo la riva occidentale del naviglio; la vasca di sinistra è delimitata da un muretto di pietrame recentemente riscoperto e restaurato. Sul retro della villa si trovano una bella barchessa e il vasto brolo circosritto sullo sfondo da un’alta siepe di carpini. Il tutto è racchiuso, verso il naviglio da un folto filare di pioppi cipressini e da un alta siepe di lauro, e ai lati da mura a forma di ghirlanda. Oltre alla villa palladiana, l’immobile comprende anche la casa del fattore .
Dall’insieme degli edifici oggi rimasti e dal colorito giardino emerge la limpida e luminosa facciata della villa al centro della quale si innalza il solenne pronao tretrastilio, con capitelli corinzi realizzati in cotto, invece che in pietra naturale come usualmente avveniva. Un marcato dentellato corre lungo i lati del frontone e tutt’intorno nel sottotetto.
Il complesso, ora dei conti Emo Capodilista, è conosciuto come villa Maldura, ma dagli estimi risulta che ne siano stati proprietari nella prima metà ‘600 i Pernumia e i Malipiero e poi, per lungo tempo, i Cortuso. Il bel giardino odierno è frutto della ricostruzione attuata nel 1966 dalla contessa Giuseppina Emo appassionata “giardiniera”.
Il regesto dei dati d’archivio procede con una redecima del 1661 in cui la “casa domenicale sopra l’acqua posta in villa di Sarvellon verso monte sive in località Rivella” è dichiarata di proprietà di Cattarin Malipiero, pare quindi lo stesso edificio, a pochi anni dopo, nel 1668, di Iseppo Cortuso. La villa resta di questa famiglia fino almeno al 1740 per entrare poi a far parte dei beni del canonico Andrea Maldura. Nel 1891 diviene di proprietà della famiglia Emo Capodilista. Si deve al restauro, che questi iniziano a metà degli anni sessanta del secolo scorso, oltre alla sistemazione della villa, il ripristino della recinzione dei modi settecenteschi e il riatto del complesso di giardino e brolo, con il rinvenimento dell’antica peschieria. Tra i materiali iconografici, che ci permettono di vedere l’ampliarsi del complesso, vi è una perizia datata 1636, in cui mancano alla villa sia le scale balaustrate sia la recinzione a profilo curvilineo; in un’incisione pubblicata da Volkamer, nel 1714, la villa manca della scala e presenta decorazione a statue e pinnacoli alla sommità del timpano. Il complesso è formato da più corpi: la villa propriamente detta, la barchessa, i giardini e la peschiera posta a sinistra dei volumi costruiti.
La villa è impostata su pianta pressochè quadrata, con pronao tetrastilo sul fronte a colonne lisce sormontate da un capitello composito in terracotta. La scansione forometrica è a sette assi nei fronti, con tripla apertura nell’intercolunnio, a cinque sui lati. Oltre al pian terreno ed al piano nobile, cui si accede dalle scale esterne attraverso il pronao, l’edificio presenta su un sottotetto, illuminato da finestrine e da un abbaino sui lati. Il piano terra presenta decorazione a bugnato in corrispondenza dell’aggetto del loggiato, ed è qui aperto in una porta al centro e finestre architravate ai lati.
All’interno del loggiato due porte architravate affiancano il portale archivoltato mediano; le finestre rettangolari delle stanze laterali e dei fianchi sono abbellite da fasce marcapiano collegate dagli architravi e dai davanzali. Il timpano triangolare, sopra la trabeazione liscia, ha segmenti decorati a dentelli e mostra nel centro stemma araldico nel in pietra. Sopra i suoi vertici, sfere in pietra su basamenti sostituiscono le originali statue acroteriali.
La barchessa, posta a lato dell’immobile principale, si apre in tre ampi fornici con sesto pieno su pilastri con lesene addossate agli stessi raddoppiate agli spigoli esterni; il volume interno è aperto in tre portali archivoltati posti in asse alle luci più esterne, con gradevole gioco prospettico.
Il salone mediano interno presenta una decorazione ad affresco con paesaggi e figure allegoriche tra finte architetture alle pareti, ovati a soffitto tra motivi decorativi a girali.
Il grande parco è parzialmente aperto al pubblico.
Bibliografia
P.G. Zanetti, Andar per acque. Padova, Il prato 2002
Altre info sulla villa https://it.wikipedia.org/wiki/Villa_Emo_(Monselice)
UN PO’ DI STORIAVILLA EMO A RIVELLA DI MONSELICELa vicenda storica della Villa è, più che in altri casi, strettamente legata alla storia della famiglia Emo. Prima del 1535, il patrizio veneziano Leonardo Emo, conoscitore ed estimatore di queste terre di pianura, deciso a ritirarsi dal suo servizio allo stato, acquista da Andrea Barbarigo il fondo di Fanzolo, pari a 80 campi trevigiani. Qui decide di dedicarsi attivamente alla coltivazione e all’allevamento, promuovendo la bonifica delle terre, il rinnovamento delle colture, l’impianto di molini e filande.
L’intervento del nobiluomo Emo nella pianificazione e gestione del territorio portò notevoli migliorie nella conduzione del lavoro dei campi, anche se in alcuni casi non dell’entità sperata. La prima preoccupazione, nell’ottica di una pratica agricola rigorosamente pianificata, fu quella di organizzare il regime della acque, abbondanti e diffuse nei campi della proprietà, per bagnare le terre e abbeverare il bestiame.
A questo scopo ottenne nel 1536 la concessione per la “seriola” Barbariga, canale irriguo della Brentella. Il sistema di canali organizzato nel XVI secolo, che diede una prima forma all’organizzazione di terreni e dei fabbricati, è tuttora presente e chiaramente leggibile sui terreni di proprietà della Villa. Il cambiamento più innovativo che segnò la successiva storia del territorio, dell’economia, della società fu l’introduzione della coltura del mais al posto del pastone di saggina, detto “sorgo rosso”, che fino ad allora era stato alla base del misero regime alimentare della popolazione locale, che accolse con esultanza l’arrivo di chi contribuiva al miglioramento del “desco”.
Rimane testimonianza di questo passaggio storico nella decorazione delle sale della Villa, tutta ispirata a motivi agrari: un ciuffo di pannocchie costituisce il motivo ornamentale dei festoni decorativi.
Una volta organizzato il regime del suolo, Leonardo Emo, profondamente legato a questa terra e al suo progetto, decide di volerci anche abitare. Non riuscirà a realizzare il suo progetto in quanto muore nel 1539, e a rendere concreto questo sogno ci penserà il nipote omonimo suo erede. Demolita la Villa Barbarigo esistente, Leonardo Jr si rivolge al più accreditato architetto dell’epoca, che gli garantisca un progetto architettonico adeguato ai suoi intenti.
Non si conoscono esattamente le relazioni esistenti tra Leonardo Emo e il Palladio ma è certo che l’operazione di progettazione e costruzione della Villa furono per il nobiluomo un’avventura particolarmente stimolante e impegnativa, informata al principio umanista secondo cui “dall’intelligenza (dell’architettura) nasceva il diletto e il piacevol spendere”. Probabili ascendenze di questo progetto si possono riconoscere nel palazzo Soranzo a Castelfranco, di Michele Sanmicheli, e nel villino Cornaro a S. Andrea oltre il Muson, entrambe di poco antecedenti, che in qualche misura hanno influenzato committente e architetto, in relazione alla filosofia del progetto e al suo linguaggio. Negli esiti progettuali della Villa si sente ovunque la personalità del committente, che chiede all’architetto risposte precise alle esigenze di una fabbrica di campagna, che sia al contempo esemplare azienda agricola e granaio per la propria casa.
Si realizza così una dimora che si apre completamente alla campagna, uno dei messaggi più aperti del Palladio, semplice e solenne, evocazione suggestiva di un’immagine classica, straordinariamente attuale per la vita di ogni giorno di chi lavora e produce, con la fatica del braccio e l’impegno della mente.
Leonardo Emo diventa il coordinatore del luogo con le acque, dell’ambiente con la Villa, dell’architettura con la decorazione, per tutte le esigenze del lavoro dei campi e della conduzione del bestiame, e per i fini che rientrano in un progetto di rinnovo della realtà socio-economico, per un dialogo fruttuoso tra i diversi strati sociali fino ad allora in contrasto tra loro. |
PERSONAGGI FAMOSI
Ricordiamo che abitava in questa villa il conte Giorgio Emo Capodilista che ebbe un ruolo importante durante la seconda guerra mondiale. Maggiori info qui https://it.wikipedia.org/wiki/Giorgio_Emo_di_Capodilista
AGGIORNAMENTI
IN VENDITA ANCHE VILLA MALDURA, QUELLA DI RIVELLA
Il Gazzettino di oggi rende noto che è in vendita la villa palladiana Emo Capodilista al prezzo di 5,9 milioni di euro. Famosa presso il grande pubblico x aver ospitato il giovane Carlo d’Inghilterra e sua zia Margaret ( ma non ha portato fortuna…). La villa è stata realizzata in stile palladiano da Vincenzo Scamozzi. Ristrutturata nel 1966 dai conti Andrea Emo Capodilista e Giuseppina Pignatelli, è oggi una lussuosa dimora ornata da giardini all’italiana, peschiere, roseti e viali alberati, un grande prato, un brolo e una piscina.
Uno dei punti di forza della villa è la presenza, al suo interno, di una fonte d’acqua termale che potrebbe essere sfruttata per una destinazione ricettiva. La struttura principale, a pianta quadrata, ha una superficie di circa 1.100 metri quadri sviluppati su tre livelli. A lato, si trovano una barchessa di 430 metri quadri, utilizzata come residenza privata, e una dépendance di 780 metri quadri con degli alloggi da ristrutturare.
Prezzo non altissimo, chi può farcela si faccia avanti…
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IL CONSIGLIERE DELEGATO DELLA PROVINCIA ALESSANDRO BISATO CHIEDE AL SOTTOSEGRETARIO SGARBI DI ACQUISIRE VILLA EMO A RIVELLA
Il Gazzettino di ieri pubblicava l’appello di Bisato a Sgarbi affinchè «Villa Emo rimanga patrimonio di tutti … lo stato eserciti la prelazione artistica per villa Emo Capodilista. Mi appello alla sensibilità di Sgarbi».
Secondo il consigliere provinciale la Villa cinquecentesca potrebbe diventare una opportunità per il territorio e x il parco regionale dei colli Euganei proprio ora che si appresta a diventare Riserva della biosfera Unesco.
Speriamo che altri politici appoggino la proposta, mi piacerebbe che una simile richiesta fosse discussa anche nel consiglio comunale di Monselice.
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