Opere d’arte nel Duomo di Monselice (San Giuseppe Operaio)

La chiesa è stata inaugurata l’8 settembre 1957 ed è diventata il nuovo duomo di Monselice. Al suo interno sono custodite le opere d’arte delle chiese di Monselice chiuse o soppresse. Un vero “tesoro” in parte restaurato ed esposto al pubblico. Alcune attribuzioni, riportate di seguito, sono della dott. Chiara Ceschi che ci ha aiutato nella descrizione delle tele.


Guy Luis Vernansal (1689-1749), Madonna con Bambino e San Francesco Saverio

Studente a Parigi conobbe Sant’Ignazio di Loyola e fece parte del nucleo di fondazione della Compagnia di Gesù. E’ il più grande missionario dell’epoca moderna. Portò il Vangelo a contatto con le grandi culture orientali, adattandolo con sapiente senso apostolico all’indole delle varie popolazioni. Nei suoi viaggi missionari toccò l’India, il Giappone, e morì mentre si accingeva a diffondere il messaggio di Cristo nell’immenso continente cinese.

Biografia: Guy Louis II Vernansal (talvolta italianizzato in Lodovico Vernansal) (Parigi, 1689 circa – Parigi, 1749) è stato un pittore francese. Figlio di Guy Louis I Vernansal pittore ed arazziere, completò lo studio della pittura a Roma e a Venezia tra il 1709 e il 1712. Fu pittore ed incisore. Ebbe numerose commissioni a Padova, dove compì nella chiesa dei chierici regolari Teatini, il Paradiso sullo volta, da molti considerato il suo capolavoro. Dopo i lavori padovani ebbe commissioni anche a Brescia. Il pittore è caratterizzato da un talento acuto ma incostante, con il ragionato uso dei colori e delle luci e della resa pittorica. Torno in Francia nel 1734 e fu accolto nell’Accademia; morì a Parigi nel 1749.


Joseph Heintz il giovane (1600-1678)  Madonna in gloria con san Biagio e sant’Antonio da Padova Dall’Oratorio di S. Biagio – Confraternita dei Battuti, Monselice    

Biografia: Joseph Heintz il Giovane (Augusta, 1600 circa – Venezia, 1678) è stato un pittore tedesco. L’artista era figlio di Joseph Heintz il Vecchio. Nel 1617 figurava come lavorante presso la bottega di Matthäus Gundelach, il quale era stato allievo del padre, deceduto prematuramente nel 1609. Probabilmente, prima di scendere in Italia, frequentò anche la bottega di Matthias Kager (1621), noto miniatore e già allievo a Venezia di Hans Rottenhammer (Bushart 1968). Nel 1625 il giovane era già attivo in Italia, a Venezia e a Roma, dove eseguì alcuni dipinti “capricciosissimi”, dove concerti di mostri, condividono la scena con eroi classici o mitologici.

L’ambientazione recupera schemi diffusi dalle stampe di Hieronymus Bosch e Pieter Bruegel il Vecchio, alcuni mostriciattoli derivano invece da matrici callottiane. Due esempi tipici di questa produzione sono l’Orfeo agli inferi della Galleria degli Uffizi e la Vanitas o il Trionfo di Cupido della Pinacoteca di Brera. (D’Anza 2005) Nel 1632 si trovava a Venezia come testimonia la pala votiva della chiesa di San Fantino. Dal 1634 al 1639 risulta iscritto alla fraglia dei pittori. Tra il 1648 e il 1649 dipinse l’Ingresso del patriarca Federico Corner a San Pietro di Castello, la Caccia ai tori in campo San Polo e Il fresco in barca (Museo Correr di Venezia). Il 30 novembre 1655 venne chiamato, assieme a Nicolas Régnier, a stimare la collezione di Giovanni Pietro Tiraboschi (Savini Branca 1964). Nel 1663 il conte Czernin, plenipotenziario dell’imperatore Leopoldo I gli commissionò alcune opere. Ebbe una figlia, Regina, ottima copiatrice dei suoi quadri. Morì a Venezia nel settembre del 1678

  
Pittore veneto (sec XVIII), Santi e anime del Purgatorio.

Bartolomeo Litterini (1669-1748), Compianto sul Cristo morto

Biografia: Bartolomeo Litterini (spesso indicato anche soltanto come Litterini o Letterini o ancora come Bortolo Litterini; Venezia, 1669 – Venezia, 27 dicembre 1748) è stato un pittore italiano. Figlio di Agostino, pittore, che gli fu da maestro e di cui ereditò la bottega. Come il padre continuò a firmarsi solo con il cognome; il Litterini fu un pittore mai completamento libero nella sua arte, condizionato dagli insegnamenti del padre e dai desideri delle committenze.  Alla fine del XVII secolo gli venne commissionata la realizzazione di quattro tele sulla vita di San Lorenzo Giustiniani, per la chiesa di Murano dei Santi Maria e Donato. La sola ancora presente nella chiesa è l’Apparizione di Gesù Bambino a Lorenzo Giustiniani. Di altre due tele che erano presenti nella chiesa ne rimane solo una copia nel museo di Berlino (Staatliche Museen, Kupferstichkabinett) e a Oslo (Galleria nazionale: Meijer, pp. 30 s.). Dipinge quasi maggiormente opere a carattere religioso, solo nel 1699 per il soffitto di villa Giovannelli a Noventa Padonava, dipinge Saturno che rapisce Filira, che resterà una delle poche sue opere a carattere profano. Nel primo decennio del ‘700 il Litterini modifica la propria pittura probabilmente influenzato dal Gregorio Lazzarini e dai Sebastiano Ricci, Antonio Balestra e Iacopo Amigoni, diventerà la sua pittura più poetica e narrativa. In questi anni dipingerà la Madonna col Bambino, san Giovanni Nepomuceno e altri santi di San Canciano e nel 1719 l’Incoronazione della Vergine per la chiesa di Valzurio. Il suo incontro con Andrea Fantoni scultore, di Rovetta di Bergamo lo portarono a realizzare parecchie tele nelle chiese del territorio bergamasco.

Domenico Campagnola (XVI sec.) Santa Giustina    

Biografia: Domenico Campagnola (Venezia, 1500 circa – Padova, 1564) è stato un pittore italiano. Madonna in trono con Bambino e Santi, 1537, Musei civici di Padova. Le sue origini sono nordiche, e in giovane età viene adottato da Giulio Campagnola e proprio con questo cognome firma le sue prime incisioni realizzate nel 1517. Della sua esperienza pittorica giovanile non si conosce molto ma è accertato che abbia lavorato nella bottega del Tiziano. Inoltre ebbe modo di conoscere il Romanino ed il Moretto. Nelle prime opere, quali l’Incontro tra Anna e Gioacchino l’influenza tizianesca risulta evidente, mentre del 1532, subito dopo i tondi coi Profeti, per una decina di anni appare ispirato dal Moretto e dai maestri bresciani. Nel 1533 gli viene affidato l’incarico di dipingere l’affresco raffigurante il Beato Bernardino da Feltre all’interno del Monte di pietà di Padova. Tra il 1536 ed il 1545 lavora presso l’oratorio di San Rocco a Padova dove realizza un ciclo pittorico che comprende vari soggetti. Nel 1540 affresca la Sala dei giganti. Dal 1541 le sue opere, quali il Battesimo di S.Giustina, acquistano una maggiore luminosità, grazie agli accostamenti a Salviati, operante a Padova in quegli anni. Di pregevole fattura gli affreschi dell’abside dell’abbazia di Praglia ed i lavori presso San Giovanni di Verdara.

 

Domenico Campagnola (XVI sec.)  Sant’Antonio abate.

Il “fuoco di Sant’Antonio”: Tutti coloro che hanno a che fare con il fuoco vengono posti sotto la protezione di sant’Antonio, in onore del racconto che vedeva il santo addirittura recarsi all’inferno per contendere al demonio le anime dei peccatori. Per questo, tra i molti malati che accorrevano per chiedere grazie e salute, molti erano afflitti dal male degli ardenti, conosciuto anche come fuoco di Sant’Antonio, o herpes zoster,  Si manifesta sotto forma di eritemi e vescicole con un decorso di poche settimane. Gli animali domestici: Sant’Antonio tuttavia è considerato anche il protettore degli animali domestici, tanto da essere solitamente raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Il 17 gennaio tradizionalmente la Chiesa benedice gli animali e le stalle ponendoli sotto la protezione del santo. La tradizione deriva dal fatto che l’ordine degli Antoniani aveva ottenuto il permesso di allevare maiali all’interno dei centri abitati, poiché il grasso di questi animali veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dal fuoco di Sant’Antonio. I maiali erano nutriti a spese della comunità e circolavano liberamente nel paese con al collo una campanella. Secondo una leggenda del  Veneto (chiamato San Bovo o San Bò, la notte del 17 gennaio gli animali acquisiscono la facoltà di parlare. Durante questo evento i contadini si tenevano lontani dalle stalle, perché udire gli animali conversare era segno di cattivo auspicio.

Gianbattista Mengardi (1738 – 1796) Estasi di santa Teresa d’Avila.

Proviene dalla chiesa del Carmine Santa Teresa d’Avila fu la fondatrice dell’ordine religioso delle carmelitane scalze e la prima donna a essere proclamata Dottore della Chiesa. I suoi scritti, dal Cammino di perfezione (1562-1569) al Castello interiore(1577), sono capisaldi della letteratura mistica e devozionale, oltre che capolavori della prosa spagnola. Il nucleo del pensiero mistico di Teresa, individuabile in tutti i suoi scritti, è l’ascesa dell’anima umana attraverso quattro stadi   Il primo, detto devozione del cuore”, è quello della devota contemplazione o concentrazione, il ritiro dell’anima dall’esterno e specialmente la devota osservanza della passione di Cristo e la penitenza. Il secondo stadio è la “devozione della pace” nella quale la volontà umana è rimessa in quella di Dio, mentre le altre facoltà, quali la memoria, l’immaginazione e la ragione, non sono ancora sicure a causa della distrazione mondana. Nonostante una piccola distrazione possa essere provocata dalla ripetizione di preghiere o dalla composizione di scritti, lo stato prevalente è ancora quello della quiete. Il terzo stadio, ovvero la “devozione dell’unione” non è solo uno stato soprannaturale, ma soprattutto uno stato d’estasi mistica. Anche la ragione viene assorbita da Dio, e rimangono solo l’immaginazione e la memoria. Questo stadio è caratterizzato da una beata, una sorte di dolce sonno, un consapevole trasporto nell’amore di Dio. Il quarto stadio è la “devozione dell’etasi è uno stato “passivo”, nel quale la consapevolezza dello spirito di risiedere in un corpo viene completamente perduta. Le attività sensoriali cessano, e anche la memoria e l’immaginazione vengano assorbite da Dio o cancellate del tutto.

Biografia: Giambattista Mengardi (Padova 1738 – Venezia 1796)   Nato a Padova nel 1738, “fece in patria i primi studi, che poi seguitò alla scuola del Tiepolo […] quantunque colui piuttosto si formasse da sé con suo studio nelle stampe” (Moschini 1826). Tuttavia “non è agevole dar credito a queste parole, dato che Giambattista Tiepolo lasciò Venezia nel 1762 e che il Mengardi vi si trasferì nel 1767: d’altra parte la prima opera datata del pittore padovano è il Ritratto di papa Clemente XIII del duomo di Padova, del 1758. Una soluzione potrebbe essere quella di un primo soggiorno veneziano, magari dopo lo scolastico Ritratto di papa Clemente XIII (che il Pavanello [1974] ipotizza desunto da una stampa), in modo da frequentare per breve tempo la bottega tiepolesca. Alla Pinacoteca del Seminario di Rovigo c’è un pastello, firmato nel verso, con una Testa femminile con il capo fasciato all’orientale, di carattere decisamente tiepolesco, che potrebbe dar credito a tale ipotesi” (Pallucchini 1995).
Comunque sia, prima del suo definitivo trasferimento a Venezia nel 1767, “il pittore doveva certo godere di prestigio se gli venne commissionata la decorazione della cappella dedicata al vescovo Barbarigo: una delle figure più celebrate tra il clero padovano” (Pavanello 1974). Oltre a questi affreschi per il duomo, datati 1761-762 (Pavanello 1974), Mengardi, nella sua città natale, portò a compimento anche la decorazione del soffitto di palazzo Maldura (parzialmente distrutto).
Trasferitosi a Venezia nel 1767, fu iscritto nel libro della Fraglia dei pittori per gli anni 1771-1779, e dal 27 novembre 1778  affiancò “Pietro Edwards come ispettore presso gli Inquisitori di Stato, per i dipinti «delli pittori più insigni». Come fosse giunto a questo ruolo, non ci è dato di sapere per ora: certo le prove d’intervento su dipinti antichi che lasciò, già un paio di decenni dopo erano stigmatizzate da G. A. Moschini per la «poca lode» con cui erano condotte. Nonostante ciò, era riuscito ad accorpare attorno alla sua attività, una serie di operatori che intervennero su di un nutrito numero di dipinti antichi: G.M. Sasso, Francesco Maggiotto, Domenico Tiepolo e Matteo Zais – significativamente, i più, figli dei maggiori pittori veneziani settecenteschi – fan parte del gruppo di «professori» ai quali con molta probabilità si riferiva la stesso Edwards allorché sottolineava l’esosità degli operatori del restauro, impiegati proprio grazie alla mediazione del Mengardi; vien fatto di pensare ad una serie di interessi che coinvolgevano lo stesso pittore padovano, come suggerisce l’episodio delle proteste del priore di San Giovanni Evangelista, allorché per cinque dipinti dell’Albergo della Santa Croce il pittore richiese trenta zecchini al mese, senza però dare un termine ai lavori” (Fantelli 1984).
Nominato accademico il 6 gennaio 1776, fu maestro nel 1784, 1787, 1791 e consigliere nel 1793. La sua morte venne annunciata il 28 agosto 1796 (Pavanello 1999).

Jacopo Negretti detto Palma il Giovane (1580-1640) Madonna di Loreto.  

Proviene dalla Pieve di Santa Giustina di Monselice. Secondo la tradizione cattolica, quando Nazaret, dove la Santa Casa di Nazareth si trovava, stava per essere conquistata nuovamente dai musulmani, che nel 1291 cacciarono via definitivamente i cristiani da Gerusalemme, un gruppo di angeli prese la Casa e la portò in volo fino a Loreto, transitando dapprima a Tersatto in Croazia e poi, essendo preda molto spesso di ladri oltre che di pellegrini, giunse nelle Marche arrivando a Loreto in più tappe. Per questo motivo la Madonna di Loreto è venerata come patrona degli aviatori. Gli studi iniziati sin da pochi anni dopo questo evento, mettono in luce senza ombra di dubbio la provenienza della casa dalla Palestina, sia per stile architettonico che soprattutto per l’uso di materiali costruttivi sconosciuti al territorio delle Marche ed invece molto usati all’epoca in Terrasanta. Altre evidenze della terra di origine provengono dai dipinti e dai graffiti tuttora visibili che ritraggono santi della chiesa orientale e riportano il passaggio dei pellegrini che sin dall’era di Costantino visitavano la Casa. Inoltre, le dimensioni dell’abitazione coincidono con quelle del “buco” rimasto a Nazareth dove prima si trovava la Casa. Una recente teoria, supportata dal ritrovamento di documenti posteriori al 1294 afferma che il trasferimento fu operato dai principi Angeli Comneno, un ramo della famiglia imperiale di Costantinopoli: questa teoria è comunque tuttora oggetto di discussione, principalmente per il fatto che tutti i mattoni della Casa sono ancora saldati dalla malta che si usava in Palestina, un misto di solfato di calcio idrato (gesso) impastato con polvere di carbone di legna secondo una tecnica dell’epoca, nota in Palestina 2000 anni fa, ma mai impiegata in Italia, e questo rende evidente che i crociati avrebbero dovuto fisicamente staccarla e trasportala come un unico blocco. Entrambe le tesi sono concordi sul fatto che, come accennato precedentemente, la Casa partì da Nazaret nel 1291 e, dopo essere transitata per la Dalmazia, ossia dopo essere rimasta per circa tre anni a Tersatto (ora un quartiere della città di Fiume in Croazia), giunse a Loreto nel 1294. Il 12 settembre 1920 ebbe luogo in Loreto la festa per la proclamazione della Madonna di Loreto quale “Patrona degli Aeronauti”, decretata con breve di papa Benedetto XV del 24 marzo dello stesso anno.

Pittore veneto-fiammingo (fine XVI sec.) Conversione di san Paolo.

Proviene dalla chiesa di San Paolo San Paolo è senz’altro il più grande missionario di tutti i tempi, non conobbe personalmente Cristo, ma per la Sua folgorante chiamata sulla via di damasco, ne divenne un discepolo fra i più grandi, perorò la causa dei pagani convertiti, fu l’apostolo delle Genti; insieme a Pietro diffuse il messaggio evangelico nel mondo mediterraneo di allora; con la sua parola e con i suoi scritti operò la prima e fondamentale inculturazione del Vangelo nella storia.

Gregorio Lazzarini (1655-1730) Sogno di San Giuseppe

I Vangeli e la dottrina cristiana affermano che il vero padre di Gesù fu stesso: Maria lo concepì miracolosamente senza aver avuto rapporti sessuali con alcuno, per intervento dello Spirito Santo. Giuseppe, messo al corrente di quanto era accaduto da una visione avuta in sogno, accettò di sposarla e di riconoscere legalmente Gesù come proprio figlio. Perciò la tradizione lo chiama padre putativo di Gesù (dal latino puto, “credo”), cioè colui “che era creduto” suo padre.

Biografia: Gregorio Lazzarini (Venezia, 1655 – Villabona Veronese, 10 novembre 1730) è stato un pittore italiano. Si formò dal pittore genovese Francesco Rosa e alla bottega del pittore barocco Pietro della Vecchia. La sua opera più conosciuta è conservata nella sala dello scrutinio a Palazzo Ducale, dove decorò l’arco Morosini; sempre a Venezia, fu attivo anche a Ca’ Zenobio degli Armeni e a Palazzo Priuli Ruzzini. Un gruppo di dipinti suoi è in mostra presso la sala S. Tommaso della basilica SS. Giovanni e Paolo. Una delle opere a lui attribuite è l’Ultima cena, custodita nel Duomo di Caorle. Due opere del Lazzarini sono presenti nella chiesa di San Biagio a Lendinara: L’esaltazione dell’eucaristia da parte di santi francescani , risalente al 1725 circa, e la pala con L’Immacolata concezione venerata dai Santi Biagio e Francesco, dello stesso periodo. Una delle sue qualità principali è l’eclettismo. Questa sua capacità lo aiutava a soddisfare i clienti. Alla sua scuola si formò il famoso pittore Giambattista Tiepolo.

Gregorio Lazzarini (1655-1730) Sant’Antonio da Padova guarisce un infermo  
Pietro Bonati (XIX), Madonna con bambino e santi, sullo sfondo la città di Monselice  
Bartolomeo Litterini (1669-1748), Morte di San Giuseppe  
Pittore veneto (sec. XVII), Madonna con bambino e Sant’Antonio da Padova.  
Pittore veneto (sec. XVIII), Cristo crocifisso  
Pittore veneto (sec. XVII), Madonna con Bambino  
Stefano dell’Arzere (?) Battesimo di Cristo

Gesù fu battezzato nel Giordano da Giovanni Battista all’eta di 30 anni. Secondo il racconto dei vangeli, all’uscire Gesù dall’acqua si aprirono i cieli, e Gesù “vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui” (Matteo 3,16); si sentì (Marco 1,11) la voce del Padre che disse: “Tu sei il mio figlio prediletto, in te mi sono compiaciuto” (Matteo 3,17; Marco 1,11; Luca 3,21).
San Giovanni Battista – (29 agosto) – Annunciò la venuta di Gesù. E’ raffigurato con i capelli incolti, la barba arruffata e semicoperto di peli di animali selvatici a ricordo del periodo di penitenza che passò nel deserto. Viene spesso raffigurato anche con un mantello su abiti semplici con in mano una croce fatta di canne intrecciate. Santo molto popolare, sono innumerrevoli le feste a lui dedicate.

Biografia: Stefano dall’Arzere (talvolta anche noto come dell’Arzare o dell’Arzere) (Merlara ?, 1515 circa – Padova, dopo il 1575) è stato un pittore italiano. Padova, Scuola del Carmine: parete d’ingresso, affreschi della Natività di Gesù e dell’Adorazione dei Magi di Stefano dall’Arzare. Biografia Pala d’altare con l’Incredulità di san Tommaso ad Albignasego. Stefano Dall’Arzere nacque intorno al 1515 presumibilmente a Merlara, piccolo centro rurale agli estremi confini meridionali della provincia di Padova. In giovane età si trasferisce a Padova ed inizia la pratica della pittura probabilmente nella bottega del Tiziano. La sua attività, iniziata con la decorazione delle sale interne dell’oratorio di San Rocco a Padova, si sviluppa quasi esclusivamente nel padovano. Della sua attività pittorica si possono ancora ammirare la scena dei funerali di San Rocco, presso l’Oratorio di San Rocco a Padova, gli affreschi della scuola del Carmine, presso la Chiesa del Carmine a Padova, gli affreschi dell’Oratorio del Redentore, presso la Chiesa di Santa Croce a Padova, la pala con Santa Barbara, al Museo Civico di Padova, alcune tracce di affreschi nella chiesa degli Eremitani a Padova, alcuni affreschi nell’oratorio di San Bovo a Padova e la Scena di San Tommaso apostolo dinanzi al re nell’Oratorio di San Tommaso ad Albignasego (PD).

Pittore veneto (sec. XVII), Incoronazione di Maria Vergine  
Contarini Giovanni (1549/ 1603-1605)
Il dipinto fu rimosso da S. Paolo nel 1913/14 e qui collocato nel 1957 ca. Probabilmente rimase nei magazzini del Duomo vecchio, Madonna con bambino tra San Sabino e santa Giustina. Dalla chiesa di san Paolo di Monselice  –
Dal sito del ministero
Pittore veneto (sec. XVII), Madonna con bambino e san Giovannino  
Pittore veneto (fine sec. XVII), Sacra famiglia  
Pittore veneto (sec. XVIII), Gloria di San Giuseppe con i santi: Lorenzo, Lucia, Luigi Gonzaga, Antonio da Padova e Stanislao Kostka

Luigi Gonzaga, Figlio del duca di Mantova, nato il 19 marzo del 1568, fin dall’infanzia il padre lo educò alle armi, tanto che a 5 anni già indossava una mini corazza ed un elmo e rischiò di rimanere schiacciato sparando un colpo con un cannone. Ma a 10 anni Luigi aveva deciso che la sua strada era un’altra: quella che attraverso l’umiltà, il voto di castità e una vita dedicata al prossimo l’avrebbe condotto a Dio. A 12 anni ricevette la prima comunione da san Carlo Borromeo, in visita a Brescia. Decise poi di entrare nella compagnia di Gesù e per riuscirci dovette sostenere due anni di lotte contro il padre. Libero ormai di seguire Cristo, rinunciò al titolo e all’eredità ed entrò nel Collegio romano dei gesuiti, dedicandosi agli umili e agli ammalati, distinguendosi soprattutto durante l’epidemia di peste che colpì Roma nel 1590. In quell’occasione, trasportando sulle spalle un moribondo, rimase contagiato e morì. Era il 1591, aveva solo 23 anni. (Avvenire)

Stanislao Kostka, nato nel 1550, proveniva da una nobile famiglia. All’età di tredici anni venne mandato a studiare a Vienna, nella scuola dei gesuiti, che fu poi requisita dall’imperatore d’Austria. Stanislao, pur costretto in un alloggio provvisorio, si mantenne devoto e diligente. Nel corso di una grave malattia maturò il proposito di far parte dei Gesuiti. Così fuggì da Vienna alla volta di Dillingen. Nonostante la reazione del padre il giovane fu irremovibile. Andò a Roma per il noviziato. Morì il giorno dell’Assunta, a diciott’anni, nel 1568. Fu il primo beato della Compagnia.

Pace Pace, Cristo crocifisso tra Madonna e San Giovanni Evangelista  
Pittore veneto (sec. XVII),  Madonna della cintura con Sant’Agostino e Santa Monica

La festa della Madonna della Cintura viene celebrata la prima domenica dopo il 28 agosto, data in cui la Chiesa fa memoria di Sant’Agostino. La devozione alla Vergine della Cintura, secondo la tradizione, è nata dal desiderio di Santa Monica di imitare Maria anche nel modo di vestire: Monica infatti avrebbe chiesto alla Madonna di farle conoscere quale era il Suo abbigliamento durante la Sua vedovanza e, soprattutto, come vestiva dopo l’ascesa al cielo di Gesù.

La Vergine, accontentandola, le apparve letteralmente coperta da un’ampia veste di stoffa dozzinale, dal taglio semplice e di colore molto scuro, ossia in un abito totalmente dimesso e decisamente penitenziale. Tale veste era stretta in vita da una rozza cintura in pelle che scendeva quasi fino a terra. Maria, slacciatasi la cintura, la porse a Monica raccomandandosi di portarla sempre e le chiese di invitare tutti coloro che desideravano il Suo particolare patrocinio ad indossarla. Fra i primi che approfittarono dell’opportunità troviamo Sant’Agostino, il figlio di Monica e, poco per volta, la cintura divenne uno dei tratti distintivi dell’ordine degli Agostiniani e di quanti hanno regole di vita che traggono spunto da Sant’Agostino.
Nel tempo, si è formata poi un’associazione con tanto di indulgenze concesse dall’autorità ecclesiastica che richiede soltanto l’iscrizione all’associazione, di indossare la cintura e la recita quotidiana di una coroncina di 13 Pater, un Credo e una Salve Regina.
Certamente, la cintura nel mondo romano ed in questo contesto in particolare, aveva un valore simbolico ed indicava un legame (non a caso giocava un ruolo importante nel matrimonio dell’età classica), in un rapporto certamente di livello impari, di sottomissione che comportava una protezione, espressa da parte della Madonna nella forma del Patrocinio.
Nella coroncina da recitarsi ogni giorno da parte dei “cinturati” questo accessorio viene interpretato come l’umanità di Cristo che per amore ha sparso il Suo sangue per le Sue creature e pertanto portare la cintura equivale ad avere di fronte a sé il volto del Redentore e deve aiutare a tenere un comportamento aderente al Vangelo, secondo la volontà del Signore.
Sono frequenti le immagini in cui si ritrae la Vergine, in alto, tra Santa Monica e Sant’Agostino in atto di donare la propria cintura: la Madonna appare con il Bambino in braccio, elemento che manca nel racconto tradizionale e non indossa affatto un abito scuro ma è raffigurata quasi sempre con la veste rosa e azzurra codificata nel corso del tempo dalla tradizione: il colore penitenziale rimane solo per la cintura che offre ai fedeli anche perché il nero o il marrone sono due colori che permettono di evidenziare il particolare all’interno della composizione dell’immagine.
Il fatto che più colpisce è tuttavia che l’iconografia appare molto simile in vari casi a quella della Vergine del Rosario (ottobre è il mese dedicato a questa forma devozionale) e la stessa Cintura si può confondere, se non si osservano le immagini attentamente, con tale strumento di preghiera: come nel caso della Madonna di Pompei, anche la Vergine della Cintura viene sovente raffigurata fra due santi uno di sesso maschile e l’altro femminile.

Il problema della sede più centrale della grande parrocchia del centro di Monselice fu risolto con la costruzione di un nuovo Duomo, dedicato a S. Giuseppe Operaio che sostituì la Chiesa di Santa Giustina sulla Rocca. Il Duomo nuovo è stato costruito su progetto e direzione tecnica dell’Architetto Bonato e dell’Ingegnere Sen. Ceschi. Esso dà un’idea della imponente costruzione moderna, che si svolge su pianta centrale a croce latina nel cui centro si innalza una guglia con pinnacolo. Una guglia quadrata alta 37 m. del diametro di metri 20,il coperto a quattro spioventi e ai fianchi una transenna attraverso cui spioverà la luce nell’interno, motivo dominante nella costruzione, un susseguirsi di finestre verticali danno al Tempio la nota della semplicità e della imponenza. La lunghezza della croce è di m. 61,50; la larghezza delle due braccia m. 35. Superficie totale m. 1.200.Sotto la Chiesa si svolge la cripta vasta quanto tutta la costruzione. Gli ingressi sono tre, tutti con gradinata, due laterali (non costruite) e il principale di facciata, cui si accede con gradinata di 15 gradini e che si avanza verso la strada, fino a 10 m. dal marciapiede. I lavori della imponente costruzione sono stati affidati alla nota impresa Andolfo Massimiliano.  La prima tappa fu la costruzione della cripta terminata il 10 settembre 1950. Il 17  settembre vi fu trasportato il Santissimo. Cinque anni dopo, furono costruiti la canonica e il patronato maschile. Benedetta l’8 settembre 1955 la pietra angolare del nuovo Duomo, l’8 settembre 1957 fu solennemente benedetto e il 29 giugno 1958 aperto al culto. Nel frattempo nuovi lembi del territorio parrocchiale in seguito al rapido aumento della popolazione furono staccati per costituire le parrocchie del Carmine a Montericco (28 novembre 1950), S Giacomo (8 dicembre 1966) e S. Salvaro (25 dicembre 1967).
STATUARIA NEL DUOMO NUOVO

La chiesa conserva numerose opere d’arte provenienti da luoghi di culto dismessi a Monselice. Per la statuaria la secentesca statua di san Sabino vescovo patrono di Monselice e un san Francesco Saverio penitente, proveniente dalla grotta dell’Esedra di San Francesco adiacente Villa Duodo. La più preziosa statua qui venerata è la Madonna del Pomo, si tratta di una scultura in terracotta policroma, opera dell’artista monselicense Domenico di Paris operante nel 1400 specialmente a Ferrara.

Il 1° novembre di ogni anno viene esposto il “Tesoro del Duomo” consistente in preziosi argenti e reliquari appartenuti all’Antica Pieve di Santa Giustina. Del secolo scorso vi sono alcune opere scultoree apprezzabili. Si tratta di una Pietà, scultura lignea del 1966 dello scultore Ferdinando Perathoner di Ortisei. Mentre sono presenti due opere del 1959, dell’artista padovano Luigi Strazzabosco, un san Giuseppe che troneggia sull’altare a lui dedicato e un Crocefisso allogato sull’altare maggiore.

Per ricordare il decennale di mons. Sandro Panizzolo, nel 2019 è stato donato alla chiesa un pregevole organo meccanico costruito secondo i canoni antichi e con materiali di prima qualità. Si tratta di una raffinata opera artigianale creata nel 2013 dall’organaro Erich Bertot di Forno Canavese

Trevisan

Per ulteriori info sulle chiese e  parroci di Monselice consigliamo la lettura degli appunti Giuseppe Trevisan qui sotto nel link

https://www.ossicella.it/monselice/restauri-nelle-chiese-di-monselice-1900-1990/

https://www.ossicella.it/monselice/preti-e-suore-di-monselice-1900-1990/


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