Incalmà coi ochi

Copertina del libro "Incalmà coi ochi - Un percorso lessicale tra i modi di dire del dialetto veneto" di Ilia Sillo

I modi di dire tipici del dialetto veneto raccolti da Ilia Sillo in “Incalmà coi ochi”

Mantenere vive le espressioni tipiche della lingua dialettale. È lo scopo che si prefigge “Incalmà coi ochi. Un percorso lessicale tra i modi di dire del dialetto veneto” di Ilia Sillo, interessante libro pubblicato nel 2016 da Cierre Edizioni. L’opera ha il merito di raccogliere in dieci capitoli una serie di formule peculiari utilizzate nel linguaggio comune della nostra regione: formule che costituiscono un patrimonio prezioso, da non seppellire nelle sabbie del tempo. Comportamenti, situazioni, modi di essere, stati d’animo, furbizia e dabbenaggine, salute, malattia e aspetto fisico, intercalari, massime e sentenze, ricchezza, povertà e tirchieria, bambini: le espressioni che caratterizzano il dialetto sono numerose e toccano diversi ambiti. In tutto quasi cinquecento voci che Sillo ha tratto dal proprio vocabolario personale e familiare, descritte in maniera chiara anche con l’ausilio di alcuni efficaci esempi.

Come evidenzia l’autrice nella premessa del libro, questi modi di dire per la maggior parte risultano tuttora in uso. Nonostante ciò è importante fissarli attraverso la scrittura, per scongiurare il rischio che la cultura orale da sola non sia sufficiente ad assicurare la loro sopravvivenza. Il dialetto, caratterizzato da grande varietà e ricchezza, è un linguaggio che ci appartiene: perderlo sarebbe un peccato. Conoscere il nostro passato, scrive la professoressa Gianna Marcato nella presentazione del volumetto, può aiutarci a costruire più consapevolmente il futuro. Le formule tipiche illustrate nell’opera non si limitano a trasmettere il semplice significato delle parole da cui sono composte, bensì evocano una serie di immagini: le immagini della civiltà rurale e dei suoi valori, modellati nel duro lavoro di ogni giorno.

Tra le espressioni di cui viene spiegato il senso non poteva ovviamente mancare quella che dà il titolo al libro: “El xe incalmà coi ochi”, che vuol dire “È innestato con le oche”. Così veniva etichettato colui che aveva i riflessi lenti o dimostrava scarsa intelligenza. Le oche, rivalutate dagli studi moderni, in passato erano appunto simbolo di stupidità per via dei loro comportamenti ritenuti irrazionali e ripetitivi. Non a caso si usava anche “La xe on’oca”, ovvero “È poco avveduta”, per descrivere una persona priva di particolare acume. A considerazioni di questo tipo poteva seguire  l’esortazione “Descàntate!”, cioè “Liberati dall’incanto”. In parole povere: “Scuotiti”, “Svegliati”.

Corposa la sezione dedicata ai comportamenti. “Combinarne di tutti i colori” era “Far el desìo”, che faceva riferimento proprio all’idea di provocare grande confusione. Numerose le formule con lo stesso significato: “Fare el destaàjo” o “Fare el deghèio”, per esempio, ma c’erano anche altre curiose espressioni legate a personaggi rimasti fortemente impressi nell’immaginario collettivo. Ecco allora “Fàrghene come Ninèta”, bandito che imperversò tra i paesi della Bassa Veronese, oppure “Fàrghene come el brigante Stela”, fuorilegge nato a Noventa Vicentina e attivo per diversi anni nella Bassa Padovana dell’Ottocento. “Far comarò” alludeva invece a una chiassosa conversazione tra donne, le “comari” (dal latino cum-mater).

Particolarmente interessante poi il capitolo nel quale l’autrice si sofferma sugli stati d’animo. “Èssar on dì da uvi on dì da late”, in Italiano “Essere un giorno da uova e un giorno da latte”, serviva a descrivere chi cambiava con facilità umore od opinione. “Èssar su le bronse” definiva il trovarsi sulle spine, l’essere preoccupati o agitati per qualcosa; “Restar copà” rimandava con grande efficacia a “Rimanere di stucco, paralizzati, senza parole”; “Tirare i oci” stava per “Sgranare gli occhi” e quindi stupirsi, meravigliarsi. Incisiva era anche ” El ga senpre la boca dissavìa”, utilizzata per indicare una persona che aveva abitualmente il viso deformato da una smorfia di malcontento.

Ilia Sillo, nativa di Noventa Vicentina, ha insegnato italiano e storia presso l’Istituto superiore “Masotto”. È nota per aver promosso ricerche nell’ambito della storia locale e della letteratura, e ha all’attivo alcune pubblicazioni. Ogni cittadino veneto che desideri riscoprire le proprie radici si accosterà con piacere a questo libro. L’opera si assapora volentieri non tutto d’un fiato ma un po’ per volta, avendo cura di riservare a ciascuna pagina l’attenzione e il tempo necessari. Tra i suoi numerosi pregi, ce n’è uno di significativo: risveglia ricordi che forse avevamo da tempo accatastato in soffitta a prendere polvere. Ci invita a recuperare la memoria del nostro mondo tradizionale, quello da cui in fondo proveniamo. La lettura di “Incalmà coi ochi” potrebbe diventare in un certo senso un modo per rivivere la quotidianità dei nostri genitori o dei nostri nonni. E dunque l’opportunità di riaprire il dialogo con un passato spesso frettolosamente dimenticato.


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