Villa Pisani di Monselice
L’attribuzione della villa ad Andrea Palladio è stata abbandonata da tempo dagli studiosi, ma non per questo la costruzione ha perduto il suo fascino ed il suo valore. Giulio Bresciani Alvarez suggerisce qui la presenza di architetti di gusto falconettiano, ma già sensibili all’influenza del Palladio, che operano tra il 1540 ed il 1560, forse con un intervento di Andrea Da Valle, che lavora per il cugino di Francesco, il cardinale vescovo di Luvigliano, presente in Monselice per i lavori a San Giacomo nel 1559.
I Pisani non denunciano agli estimi della Dominante l’immobile fino al 1740, ma lo citano nella redecima del 1611 Francesco Pr e fratelli Pisani qd Francesco: “Monselice casa domenicale con brolo di campi due posta verso la Madonna dei Carmini – sopra il fiume sotto l’isola del Monte”. Ne esiste traccia più antica in un codicillo nel testamento di Francesco Pisani in cui il nobile parla di “quella casina da Monselice” costruita dunque attorno alla metà del Cinquecento. L’immobile, che in qualche modo ricalca i modi della “sorella” di Montagnana, ha pianta rettangolare tripartita alla veneta: il pian terreno ha due saloni a volume unico, quello mediano e quello a sinistra, ed una doppia stanza a destra; in un volume aggettante sul retro sono poste le scale di accesso al piano superiore.
Francesco Pisani, patrizio veneziano amante dell’arte e mecenate, fece erigere la villa proprio a Monselice, per utilizzarla come “casa di servizio”: un luogo di sosta per agevolare i propri viaggi da Venezia verso le sue vaste proprietà nella Bassa Padovana e la sua abitazione di Montagnana, dove avveniva tutta l’attività amministrativa relativa alle terre.
La linearità delle pareti esterne e la semplicità delle forature inserite, rettangolari, trova nella decorazione della facciata principale l’unico spunto: quattro lesene definiscono la partizione del fronte, rese a doppio affaccio agli spigoli, coronate da un capitello corinzio in cotto. Nei campi laterali sono inserite delle finestre architravate con cornice completa liscia in aggetto, mentre nei vani centrali tre sono le luci.
Inserito tra due finestre a pian terreno è l’ingresso, un portale architravato con cornice scanalata, sormontato da una doppia modanatura in aggetto, al piano nobile gli si sovrappone una portafinestra su balcone in pietra a colonne, sempre architravata, ma con cornice liscia. Sopra l’architrave, retto dai capitelli delle lesene, si erge il timpano triangolare, segnato dalla cornice a dentelli al cui centro due rappresentazioni della Fama sostengono lo stemma araldico dei Pisani. Di tale gruppo Giulio bresciani Alvarez propone una paternità a Tiziano Minio, mentre Chiara Ceschi l’attribuisce all’ambito del Vittoria. Nella veduta di Vincenzo Coronelli del “Palazzo del N.H. Corner a Monselice”, il casino era stato dunque affittato, sono presenti sul timpano tre pinnacoli, ora scomparsi.
Contrariamente alla costruzione, la decorazione ad affresco delle pareti interne è decisamente pregevole, sicuramente attribuibile alla cerchia di pittori attorno al Palladio; gli schemi decorativi ricalcano quelli presenti nella grande villa palladiana Barbaro a Maser affrescata dal Veronese. Anche qui architetture dipinte inquadrano paesaggi con ruderi, che nel salone al primo piano denotano una migliore esecuzione; sempre in questa sala oltre all’episodio di “Apollo e Dafne”, troviamo nei sovrapporte quattro figure femminili tra vasi e cariatidi a monocromo.
© 2023 a cura di Flaviano Rossetto per https://www.ossicella.it/
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