testo

Villa Buzzacarini in Marendole

Villa Buzzaccarini a Marendole

La prima documentazione archivistica disponibile è datata 1580, un passaggio di proprietà tra Giustina Buzzacarina e Gasparo Buzzacarino per la metà di una casa dominicale e metà di sessanta campi; da tale primo nucleo si sviluppa il complesso, nel Settecento cintato da un muro in trachite e laterizio, che comprende oggi più corpi: la villa cinquecentesca, quella ottocentesca, gli annessi rustici, la cappella, i giardini interni, il brolo, il parco; inglobato in una terrapieno all’interno della recinzione troviamo l’antica ghiacciaia, voltata a crociera. La villa più antica viene costruita attorno al 1580 ed è chiusa tra due muretti che la inquadrano tra il giardino, che l’incisione del Coronelli ci mostra con aiuole all’italiana e vasi di limoni, ed il cortile. Ha pianta quadrangolare e si eleva per due piani più le soffitte, con il piano inferiore seminterrato. I prospetti sul canale Bisatto e verso ovest sono simmetrici, a cinque assi con il portale mediano archivoltato e le finestre rettangolari ai lati; essendo l’ingresso al piano nobile lo si raggiunge attraverso una scala in trachite a doppia rampa, quella verso il canale decorata da una balaustra a colonnine, ove era l’accesso principale ancora segnato da pilastri. Il sottotetto è aperto in finestrine quadrate mentre sopra la cornice di gronda la copertura è a quattro falde a piramide. Gli interni presentano la tradizionale tripartizione alla veneta, con quattro stanze ai lati e salone passante mediano; si conservano i solai con travi alla sansovina decorati e tempere settecentesche alle pareti a soggetto paesaggistico.

villa buzzacarini

Nelle cantine, voltate a botte ad arco ribassato e con accesso attraverso un portale archivoltato, con chiave in cui è inserito uno stemma araldico, è presente un camino monumentale cinquecentesco. Oltre la corte interna, di fronte alla villa, si erge un primo volume, ad essa coevo adibito ad abitazione colonica, elevato di due piani con portali archivoltati a piano sesto; vi è addossata la barchessa ottocentesca, a forma di “ L”, aperta in ampi fornici a pieno sesto su pilastri cui sono addossate lesene, doppiate in corrispondenza degli spigoli; sopra l’architrave modanato, i granai sono illuminati da piccoli oculi ellittici; il seminterrato è voltato a botte. Un loggiato su colonne si frappone tra il muro di contenimento della villa più tarda e la corte di quella più antica. La villa ottocentesca ingloba più edifici preesistenti, unificati grazie ad un coronamento merlato aggiunto nel 1909. La facciata principale è aperta, a nord, in un portale mediano a pieno sesto a piano terra al quale si sovrappone una porta finestra architravata, sormontata da una decorazione timpanata, affacciata sul terrazzo con ringhiera in ferro. La forometria dei prospetti mostra la differenza delle quote interne dei vari volumi accorpati. In corrispondenza della villa la recinzione è aperta in un cancello su pilastri sormontati da statue. Di fianco alla casa sorge la cappella privata della famiglia, costruita in stile tardo barocco. La facciata presenta quattro colonne con capitello in cotto poste lateralmente rispetto al portale di ingresso archivoltato; sopra l’elaborata cornice due campanili terminanti a cipolla, concludono il fronte. Tra gli annessi rustici inseriti nella recinzione sono da menzionare le scuderie ottocentesche, con portali archivoltati a pieno sesto, il volume ad “ L” che, verso nord, presenta arcate con sesto ribassato alle quali è sovrapposto un pio finestrato con oculi ellittici in corrispondenza delle chiavi degli archi. Oltre la recinzione in muratura si apre la campagna di pertinenza.

Andrea Gloria nel suo volume “Territorio Padovano Illustrato” del 1862, ci racconta che nel sito dove ora sorge Villa Buzzaccarini le cronache storiche riportano l’esistenza di una “rocca, che fu distrutta da Ezzelino nel 1237” e che si ergeva su Marendole e “vi difendea un tempo il fiume”.
Il fiume Bisatto, era a quei tempi una grandissima risorsa poiché permetteva il trasporto su chiatte verso Padova della “scaia” che qui si estraeva. La “scaia” era la materia prima per fare la calce e il Monte Fiorin, ora scomparso proprio a causa dell’attività estrattiva, per molti anni ha sopperito alle esigenze edilizie di Padova.
Nei secoli successivi il complesso ha subito varie vicissitudini, comprese quelle della prima guerra mondiale, quando la villa ospitò  una compagnia di soldati. Pochi anni fa i nuovi proprietari hanno proceduto con la messa in sicurezza, il consolidamento ed il restauro dell’intera struttura, dalle fondamenta al tetto, riportando alla luce gli splendidi affreschi del piano nobile, che in qualche caso si credevano perduti.

Casa Canonica di Marendole

Piccolo edificio tardo seicentesco costruito probabilmente contestualmente alla parrocchiale di Marendole, edificata attorno al 1690. Ha pianta rettangolare, affacciata sulla strada e su una piccola corte, elevata di due piani e soffitte. I semplici prospetti hanno luci architravate, con cornice intonacata e soglia in pietra, mentre il portale di ingresso è archivoltato. Gli interni riprendono la classica tripartizione con salone passante mediano e quattro stanze ai lati. Due superfetazioni ai lati modificano l’impianto originario dell’edificio. Tra il comune di Monselice e la parrocchia di Marendole è in atto un contenzioso riguardante la proprietà dell’immobile.

Tratto da Ville venete: La provincia di Padova. Istituto regionale per le ville venete, Marsilio Editore

 


© 2023 a cura di Flaviano Rossetto  per  https://www.ossicella.it/

Per storia di Monselice https://www.monseliceantica.it/

Contatti e info flaviano.rossetto@ossicella.it

https://www.facebook.com/flaviano.rossetto