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La medaglia delle 7 chiesette di Monselice, di Nicolò Duodo

Risale al 1720 una eccezionale duplice coniazione per celebrare il Santuario delle 7 chiesette allora animato dall’ennesimo discendente di casa Duodo, Nicolò, patrizio veneziano, cavaliere del Sacro Romano Impero, ambasciatore in Roma per la Serenissima Repubblicana dal 1713 al 1720. Erudito e pio, aveva conquistato la stima di papa Clemente XI, strappandogli privilegi del santuario di famiglia alzato sulle pendici della Rocca, riplasmato a mo’ di ‘sacro monte’ dai titolati antenati, ottenendo di aggiungere altre reliquie catacombali alle presenti, in particolare il corpo della ‘martire’ (così creduta per tradizione) Faustina, traslato nella chiesetta principale consacrata a s. Giorgio perché rifatta su rovine (o considerate tali) dalle sicure radici altomedievali, forse longobarde.

 

 

Alla vigilia del suo ritorno in patria, per esaltare il vantato legame con le basiliche capitoline e la benevolenza della Curia pontificia, egli si rivolse a due scultori attivi nella Roma del tempo, Giuseppe Ortolani, un veneziano trapiantato alla corte papale, ed Ermenegildo Hamerani, figlio di Giovanni, cui succedette nella zecca pontificia (1705) senza rinnovarne la meritata fama. Entrambi interpretarono l’identico soggetto: il busto di Nicolò Duodo, conte e cavaliere, e una veduta di Monselice, del Santuario delle Sette Chiese e del Mastio. Più volitivo e colloquiale il profilo modellato dall’Ortolani, incrinato dalla magniloquenza e sorpreso in estatica meditazione quello dell’Hamerani, attento a riprodurre con diligente calligrafismo il paesaggio collinare, risultando alla fine sciolto ed impressionistico nel tocco l’Ortolani, pur essendo la sua medaglia di bronzo coniato (mm 50 di diametro per g 58,9) più pesante della concorrente (mm 49 per g 36,1).

La lontananza secolare e la singolarità dell’avvenimento ne fanno comunque due pezzi rari, godibili al Civico Museo patavino e presso inaccessibili (o quasi) collezioni private.

 

Nicolò Duodo (1657-1742). Medaglia 1720 per il completamento del Santuario delle Sette Chiese. D/ NICOLAVS DVODO S R I COMES ET EQ. Busto a sinistra con lunga parrucca; sotto, E HAMERANI. R/ ROMANIS BASILICIS PARES. Veduta di Monselice, del Santuario delle Sette Chiese e della Rocca; in esergo, MDCCXX. Volt. 1410. Forrer II, p. 398. AE. mm. 50.00 Inc. Ermenegildo Hamerani. R. Coniazione originale. SPL.

Sin dal principio del XVI secolo i patrizi veneziani Duodo possedevano vasti appezzamenti nella zona di Monselice, situata ai margini dei colli Euganei. Fu però Francesco Duodo (1518-1592) che, acquistando la collina e la rocca, diede inizio al grande progetto di costruzione di un’ampia villa e di un primo tempio (la chiesa di San Giorgio), cui poi si sarebbero aggiunte le altre sei cappelle del complesso. Quando Francesco morì, il compito di seguire il progetto ricadde sul figlio Pietro (1554-1610) che incaricò l’architetto Vincenzo Scamozzi di dar vita al cosiddetto Santuario delle Sette Chiese. Pietro ottenne da Paolo V che i pellegrini in visita al Santuario godessero delle stesse indulgenze di chi si recava nelle sette basiliche di Roma. Infine Nicolò, dopo un’intensa vita spesa tra incarichi politici e diplomatici, nel 1720 affidò ad Andrea Tirali il completamento delle sette chiesette. Fece poi realizzare una grotta artificiale a ricordo del soggiorno nel luogo di San Francesco Saverio (1557) e completò anche la villa.


© A cura di Flaviano Rossetto – flaviano.rossetto@ossicella.it